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Continuiamo a ridere!

La parola solitudine è una di quelle che cambiano sfumatura a seconda di chi la pronuncia e del contesto in cui si trova. Può essere una condanna o una liberazione, una ferita o una scelta. C’è la solitudine imposta, quella che pesa come un macigno perché nata dall’abbandono, dalla perdita o dall’isolamento sociale. Ma c’è anche la solitudine ricercata, il lusso di stare con sé stessi per ritrovare equilibrio, creatività o pace interiore. Per alcuni è sinonimo di tristezza, per altri è il silenzio prezioso che permette di ascoltare davvero i propri pensieri. A volte è il riflesso di un mondo che corre troppo veloce senza accorgersi di chi resta indietro, altre volte è la pausa necessaria per ricominciare con più forza. Insomma, la solitudine non è mai solo una cosa: è uno stato d’animo, una condizione, e persino una possibilità. La solitudine per una donna anziana è quella simpatica coinquilina invisibile che si piazza sul divano, prende il telecomando e mette sempre il canale sbagliato. Ti accompagna ovunque: a tavola, dove apparecchi comunque per due per nostalgia, e persino al supermercato, dove parli con le zucchine perché almeno loro stanno ad ascoltare.

Ma affrontarla si può! Si può minacciarla con un corso di ballo (tanto le anche reggono ancora, più o meno), confonderla con una chat su WhatsApp con amiche, nipoti, o semplicemente metterla all’angolo con una bella tazza di tè e un libro che, almeno lui, non ti tradisce. Perché alla fine, la solitudine si combatte con un’arma infallibile: la voglia di ridere ancora.

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