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Formidabile quell’anno. Il 1922 di Valeria Palumbo

Formidabile quell’anno: oltre all’Ulysses, nel 1922 ci fu (tanto) di più

DI VALERIA PALUMBO

Un anno letterariamente affollato. Un secolo fa. Mentre in Italia i lavori in corso sono per il mausoleo virtuale di Pier Paolo Pasolini, nato a Bologna il 5 marzo del 1922 (e pazienza che alcune pietre del cenotafio siano farlocche e si continui a ricordarlo per le sue inclinazioni sessuali), nel mondo anglosassone le celebrazioni sono per l’Ulysses di James Joyce. Ambientato il 16 giugno 1904, edito in Italia nel 1960, fu pubblicato per la prima volta in volume il 2 febbraio 1922, per il quarantesimo compleanno dell’autore. In realtà, il romanzo era già uscito a puntate su The Little Review, dal marzo 1918 al dicembre 1920. Ma se non fosse stato per Sylvia Beach, la «libraia» statunitense, naturalizzata francese, che si rovinò letteralmente per sostenere Joyce e la sua opera (senza che, peraltro, lo scrittore le fosse grato), l’Ulysses sarebbe stato forse subito sepolto sotto coltri di incomprensione e censura. Anzi, non sarebbe neanche stato pubblicato.

La storia riemerge da un libro prezioso, Shakespeare and Company, della stessa Beach (edito in Italia da Neri Pozza), che racconta le vicende incredibili di questa libreria anglofona a Parigi, che diventò anche un centro di Resistenza durante l’occupazione nazista e un punto di raccolta per tutti gli intellettuali che passarono a Parigi negli anni Venti e Trenta del secolo scorso (ossia, praticamente tutti, in Occidente). Il punto però è che 1922 non fa solo rima con Pasolini e Joyce. Come racconta un articolo della Bbc Why 1922 was literature’s greatest year, il 1922 appartiene a quella pattuglia incredibile di anni che concentrano in pochi mesi un triplo salto carpiato della civiltà.

La Bbc ha ragione di ritenerlo unico, perché così fu per la letteratura anglosassone. Ma in Italia potremmo ritenere tale il 1494 quando Leonardo iniziava il Cenacolo, Botticelli era ancora alle prese con La calunnia, Michelangelo scolpì un San Procolo che lasciava intuire il futuro David, Ludovico il Moro affidava a Filippino Lippi la pala dell’altar maggiore della Certosa di Pavia (mai completata) e Cristoforo Colombo, facendo parecchia confusione, cercava di capire se Cuba fosse un’isola o un continente o se le sue caravelle fossero arrivate nelle Indie. Ma, soprattutto, Aldo Manuzio apriva la sua tipografia a Venezia, nella contrada di Sant’Agostin, creando un’onda virale di riscoperta dei classici in tutta Europa e contribuendo in modo decisivo alla nascita della civiltà moderna.

E come il 1494 fu tutt’altro che un anno tranquillo (Carlo VIII calò in Italia), così il 1922 si aprì con le “rovine” ancora fumanti della Prima guerra mondiale e i milioni di morti della Spagnola, la crisi economica in Germania e gli scontri sociali in tutta Europa. In Italia, si sarebbe chiuso con la disgrazia della Marcia su Roma. Eppure, soprattutto in Inghilterra fu un anno strepitoso, dal punto di vista letterario. Si sarebbe concluso con la pubblicazione del capolavoro di T.S. Eliot, The Waste Land, La terra desolata, come a dimostrare (o a suggerirci, come speranza) che proprio sulle tragedie l’umanità ha saputo spesso edificare le sue riflessioni e conquiste culturali maggiori («Noi che eravamo vivi ora stiamo morendo / Con un po’ di pazienza…», ammonisce il poeta). Tra l’uscita dell’Ulysses (che peraltro tanto deve alla Divina Commedia di Dante, che abbiamo appena finito di celebrare) e The Waste Land, si stendono mesi punteggiati di capolavori, come ricorda la Bbc. Katherine Mansfield (1888-1923), grandissima scrittrice neozelandese, amata e invidiata da Virginia Woolf, pubblicò la sua ultima raccolta di racconti in vita, The Garden Party and Other Stories. Quanto alla stessa Woolf, nel 1922, pubblicava La stanza di Jacob (che torna in libreria per Feltrinelli con una nuova traduzione di Nadia Fusini). E del 1922 è Life and Death of Harriett Frean, Vita e morte di Harriett Frean(Sellerio), notevole racconto lungo di una scrittrice da noi misconosciuta, May Sinclair, ovvero Mary Amelia St.Clair (1863-1946), portavoce della Woman Writers’ Suffrage League, della Lega delle scrittrici per il suffragio femminile, narratrice, critica letteraria. È stata lei a inventare l’espressione «flusso di coscienza», che è stata utilizzata prima per definire la prosa di Joyce e poi è diventata quasi un luogo comune.

Pensare, conclude la Bbc, che, a Natale del 1922, Virginia Woolf scrisse desolata al suo amico Gerald Brenan: «For I agree with you that nothing is going to be achieved by us. Fragments – paragraphs – a page, perhaps: but no more», «Sono d’accordo con te che noi non otterremo alcun nuovo risultato. Frammenti – paragrafi – una pagina, forse: nulla di più». Si sbagliava di grosso. Speriamo, fra cent’anni, che qualcuno potrà dirlo dei nostri poveri paragrafi di oggi.

 

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