Newsletter N. 82
Dicembre 15, 2021
Le ricette di nonna Cia – Il Kugelhupf
Dicembre 15, 2021
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Maria Elisa Sartor

Quando si presenta un libro, in genere lo si colloca in rapporto alla letteratura di riferimento, ma in questo caso si tratta di un libro che irrompe da sé per la sua originalità e la sua attualità e che ci interroga direttamente sul nostro modo di pensare al servizio sanitario regionale e al ruolo del soggetto pubblico in questo ambito.

Il covid-19 ha contribuito ad allargare il consenso sui modelli sanitari di tipo pubblico, universalistico e finanziato dalla fiscalità generale e ha fatto capire che i servizi sanitari territoriali hanno bisogno di essere rafforzati se non rifondati, al punto che si fa carico di questa istanza il PNRR Salute (Missione 6) che realizza il programma “Next Generation” dell’Unione Europea.

Per rafforzarne la capacità di risposta dobbiamo riconoscere come sono fatti, qual è il loro modello di funzionamento e come la componente privata si rapporta all’impianto pubblico del servizio, per ottenere che siano finalizzati a rispondere ai diritti di salute dei cittadini e alle politiche più lungimiranti di salute pubblica. La letteratura, ampiamente citata dall’autrice, ci dice quali sono i difetti che in generale sono propri di tutti i “sistemi di quasi-mercato, quindi misti pubblico-privato” rispetto a quelli esclusivamente pubblici: costi di produzione e costi di transazione più elevati e attività di cherry picking da parte dei privati. Sta alla ricerca specifica sul campo rilevare e analizzare la natura e l’ampiezza di questi “difetti” e le vere finalità perseguite dal “sistema misto”.

E’ questo l’ambito principale su cui M. E. Sartor ha lavorato a proposito della privatizzazione nel “caso Lombardia”. Ma i risultati raggiunti, oltre a dar conto della specificità della realtà lombarda, hanno anche il merito di verificare e problematizzare le ipotesi teoriche.

M.E. Sartor ha applicato una metodologia multilivello che ha ricostruito e contestualizzato le decisioni istituzionali della Regione, di cui fornisce ampia documentazione attraverso le delibere.

Tuttavia si è rivelata centrale e strategica la sua scelta di non analizzare lo stato della privatizzazione in un momento statico, ma di guardare alla privatizzazione della sanità lombarda come ad un “processo” che ha messo al centro le scelte e le strategie della Regione nel corso di un arco di tempo lungo, dal 1995 al covid-19. Questo arco di tempo si è caratterizzato per la assoluta continuità della linea politica al governo della Regione: il centro destra.

Dopo la legge che ha istituito il Servizio sanitario nazionale (l. 833/1978), accanto al servizio sanitario pubblico che è diventato centrale, la sanità privata ha continuato ad esistere, ma come una realtà minoritaria e non integrata con il SSN. Ma, dimostra il libro di Sartor, la vera svolta che ha istituito formalmente il “quasi mercato” in Lombardia è avvenuta con la lr. 31 del 1997, cioè con la prima presidenza Formigoni (dal 1995). Essa ha preceduto di poco le disposizioni nazionali per la regolazione istituzionale del Servizio sanitario nazionale nella sua articolazione a livello delle regioni (dlgs 229/1999, legge Bindi), ma ha gettato le basi per farne un uso “anomalo” piegato agli interessi della Lombardia. Ciò è avvenuto grazie al fatto che la scelta del 1997 di Formigoni è stata quella di far funzionare il modello ASL separando la funzione di erogazione dalle altre funzioni. Ovvero ha fatto in modo tale che l’erogazione potesse essere contesa dal soggetto privato al soggetto pubblico ed esercitata dal privato alla stregua di un soggetto pubblico.

La netta presa di distanza da parte di Formigoni dal modello vigente della ASL integrata, si è consolidata e cristallizzata nel corso del tempo fino a giungere alla riforma Maroni (l.r.23/2015) che ha ufficialmente istituito le ATS e le ASST (queste ultime con funzioni solo erogative) ed è confermata nella riforma Moratti approvata in Consiglio Regionale il 30 novembre scorso. E’quella che ha consentito alla Lombardia di intraprendere un processo cumulativo e ininterrotto di privatizzazione della sanità.

La visione della privatizzazione come “processo” consente a M.E Sartor di mettere bene in evidenza la concomitanza fra il depotenziamento del pubblico e la progressiva apertura al privato e di analizzare i campi di azione su cui è intervenuta direttamente la decisione regionale su entrambi i fronti, senza trascurare il ruolo di altri attori, per esempio l’informazione o l’università, che hanno assecondato il corso delle cose. Dalla ricerca di M.E. Sartor veniamo così a conoscere, fra le altre cose, come nell’arco di tempo che va dal 1995 al covid -19 siano stati tagliati la ricettività degli ospedali e le risorse finanziarie e di personale del pubblico. Parallelamente possiamo ravvisare – nella sua evoluzione – come la regione abbia operato per la regolazione istituzionale (accreditamento e contrattualizzazione) all’ingresso dei privati nel SSL e per istituire e far funzionare (poco) il sistema dei controlli.

I costi del processo di privatizzazione sono stati pesanti anche per l’infrastruttura territoriale pubblica della Lombardia, che ha assistito all’abbandono dei servizi sanitari territoriali e al grave depotenziamento dei  “Distretti”. La loro parabola discendente a partire dagli anni novanta viene ben documentata nello studio di M.E. Sartor. Oggi costituisce uno dei limiti più gravi del modello lombardo ai fini dell’attuazione del PNRR Salute, se lo si intende come occasione per la creazione delle case della salute/comunità e degli ospedali di comunità pubblici.

Cosa significa “privatizzazione” della sanità nel caso della Lombardia? M.E. Sartor dimostra che non solo il privato si sostituisce al pubblico, ma che la regolazione istituzionale condotta dalla Regione ha perseguito due obiettivi: quello di costruire il sistema sanitario misto pubblico privato del “quasi mercato” e anche quello di creare il “mercato diretto” a favore dei privati, a cui attingono le assicurazioni, i fondi sanitari e i paganti in proprio. Ne consegue che il Servizio Sanitario, che in Italia è affidato alle Regioni, in Lombardia assume la denominazione di “Sistema” sanitario e socio-sanitario proprio perché è la Regione che ha costruito queste due componenti.

L’effetto dell’azione perseguita dalla Regione nel corso di un quarto di secolo, che è stato quello di favorire l’aumento del peso degli erogatori privati nel “sistema sanitario lombardo”, è stato quello di sostituire progressivamente la programmazione con la “negoziazione con i privati”. Dalla ricerca di M.E. Sartor emerge la tesi che è questo il modello di governance della Lombardia, perseguito con una strategia adattiva fatta di azioni consapevoli. Si tratta di interventi per preservare la negoziazione con gli erogatori privati e di interventi che fanno da barriera ai vincoli esterni (per esempio alle disposizioni nazionali).

Anna Tempia  

Novembre 2021

NOTA:
” Al momento siamo ancora in attesa
della pubblicazione del testo della legge di riforma della sanità
lombarda votata, che dovrebbe comparire sul BURL di venerdì 17
dicembre 2021. In quella sede il testo di legge conterrà solo gli
emendamenti alla lr 33 del 2009 votati definitivamente dal Consiglio.
Solo dopo che sarà decorso il tempo per la sua entrata in vigore, sarà
pubblicato il nuovo testo della legge 23/2015 che conterrà le novità
introdotte dalla riforma Moratti e ciò che rimane ancora in vigore
della legge 23/2015″.

 

 

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