Specchio delle mie brame di Maura Gancitano
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Torniamo a parlare di testamento

In Italia si tratta di un argomento quasi tabù, tra corna e gesti scaramantici.

Non ci si rende conto che programmare in vita che fine faranno i nostri pochi o molti beni, non solo ci può rendere più sereni, ma può aiutare chi resta a mantenere di noi un ricordo affettivo, ad evitare che il vuoto lasciato venga riempito di discussioni, acredine fino alle carte bollate. Torneremo ad affrontare il modo corretto in cui redigerlo, senza incorrere in errori di redazione o di destinazione dei beni.

Intanto, per curiosità, poiché ogni testamento rivela non solo la situazione familiare ed economica, ma soprattutto l’animo e il carattere dell’autore, ci sembra interessante vedere quali sono state le ultime volontà di alcuni personaggi illustri o illustrissimi, verificando così se il loro animo corrisponde all’idea che ci eravamo fatti di loro.

Luigi Pirandello, per esempio, chiese per il funerale “un carro di infima classe, quello dei poveri”. Senza che né parenti né amici lo seguissero. «Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui». L’uomo che aveva passato la vita a raccontare le infinite sfaccettature dell’esistenza umana decide di compiere l’ultimo passo in silenzio, chiudendosi la porta alle spalle, senza un saluto, senza un’attenzione né una premura.

Garibaldi, fiero anticlericale, temendo di cedere in punto di morte al suo “nemico” scrisse: «Siccome negli ultimi momenti della creatura umana il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s’inoltra e mettendo in opera ogni turpe stratagemma propaga con l’impostura con cui è maestro: che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico. In conseguenza io dichiaro: che trovandomi in piena ragione oggi non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso e scellerato d’un prete che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare» Minuzioso e preciso ordinò:” Il mio cadavere sarà cremato con la legna di Caprera e con un pizzico di cenere, chiuso in un’urna di granito, collocata nella tomba delle mie bambine”.

Camillo Benso conte di Cavour lascia una cospicua somma alla città di Torino per costruire un asilo pubblico nella zona più malfamata dell’epoca, il quartiere di Portanuova. Una somma viene destinata anche ai suoi più fedeli collaboratori, dal segretario personale al cameriere fino al mastro di casa.

Enrico De Nicola, il primo Presidente della Repubblica, fece un testamento che è piuttosto una lezione di etica e morale da ricordare ai politici contemporanei: «Tutto il mio patrimonio è frutto esclusivo del mio lungo, assiduo, onesto lavoro professionale di cinquant’anni. Avrei posseduto un patrimonio notevole se non mi fossi imposto volontariamente una norma che ho osservato in modo rigorosissimo, come tutti sanno, dal giorno in cui entrai nella vita politica: di non accettare il patrocinio di cause, le quali avessero relazione, seppure indiretta, con lo Stato e di cause, le quali durante le due guerre mondiali avessero comunque relazione con la situazione bellica, politica o militare». Lascia la somma di 100 mila lire all’Ordine degli Avvocati per premiare il migliore lavoro di diritto penale. Altre somme sono destinate agli orfanotrofi, alle parrocchie e ad altri istituti di beneficienza come asili e ospizi con lo scopo di concedere loro indumenti e altri beni di prima necessità.

Giuseppe Verdi, privo di eredi diretti e titolare di un enorme patrimonio, inizia la stesura del suo testamento lasciando tutto in beneficienza: agli asili, all’istituto per Sordomuti e a quello per i ciechi di Genova; al monte di Pietà e all’Ospedale di Busseto, alla Casa di riposo per musicisti da lui voluta a Milano. E poi lasciti per dottori, infermieri, camerieri, governanti e per i poveri del villaggio Sant’Agata. Lascia anche le istruzioni per il suo funerale: da svolgere all’alba o al tramonto, senza sfarzo né musica. Semplice, come semplice era stata la sua vita. Tutte le volontà vengono eseguite, ma non meno di centomila persone seguono in silenzio il feretro dell’amato compositore.

Grazia Deledda redige il suo testamento, circa un anno prima della morte e quasi dieci anni dopo l’attribuzione del premio Nobel per la letteratura.  Già famosa e molto agiata, non ha dimenticato le sue origini, anche se non torna Nuoro da tanti anni.  “Oggi ventisei aprile mille novecento trentacinque, pienamente sana di mente e di corpo dispongo delle mie ultime volontà. Lascio ai miei due figli Sardus e Francesco Madesani quanto mi appartiene perché se lo dividano di comune accordo, con l’obbligo, però, di versare entro tre mesi dopo la mia morte, detraendola dalla comune eredità, la somma di lire italiane cinquanta mila (50.000) alla mia nipote Mirella Morelli di Roberto Morelli e Giuseppina Deledda, come ricordo per la buona compagnia che essa mi fece durante la sua fanciullezza e perché essa abbia sempre a praticare gli insegnamenti che maternamente le ho dato».

 

Dopo questa divagazione sui testamenti e disposizioni di persone famose, è bene ricordare che molti, sia nel passato che nel presente, hanno scelto e scelgono di destinate una parte o il tutto della quota libera di beni che entrano in successione all’essere utili agli altri o forse a farsi ricordare. Il testamento può infatti essere uno strumento straordinario di tessitura del legame sociale: non ci si salva da soli!

Esiste oggi anche il testamento solidale o lascito solidale che consiste nell’inserire nel proprio testamento una o più associazioni, organizzazioni del terzo settore per dare la possibilità ad un progetto di crescere e svilupparsi, senza che vengano in alcun modo lesi i diritti legittimi dei propri cari e familiari.

Esperti di Fondazione Cariplo (IL “MERCATO” DEI LASCITI TESTAMENTARI – Nuove stime per Italia e Lombardia (2014-2030) – Quaderno n.23), ipotizzano che le famiglie con eredi possano lasciare a istituzioni di terzo settore il 5% della quota disponibile del proprio patrimonio, mentre quelle senza eredi arriverebbero al 50%. Si ipotizza che nel 2030 in Italia ci saranno oltre 400.000 famiglie senza eredi contro le 62.000 del 2020.

 

 

 

 

 

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