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Abitare e invecchiare ovvero ARRANGIATEVI!

Il tema è ancora relegato a livello di “Convegno”, “Indagine”, “Sperimentazione” e noi intanto invecchiamo e la nostra preoccupazione per come ci gestiremo, aumenta. Leggiamo con grande interesse e voracità le notizie, come quelle riportate nell’articolo che segue o come quelle che riportiamo di seguito che rappresentano deboli accenni di interesse, ma soprattutto di azione verso la progettazione di un abitare che ci consenta di “scegliere”.

Il tema infatti è questo e cioè la scelta di dove andare, come andare, con chi andare… se non possiamo/vogliamo più stare a casa nostra. In proposito abbiamo capito che il nostro impegno per avere una “Assistenza Domiciliare” degna di questo nome (ADI o SAD che sia), dovrà restare alto se vogliamo “Invecchiare a casa nostra”, come sembra. Stanno nascendo come i funghi le aziende (private) che offrono assistenza domiciliare: hanno nomi accattivanti e propongono condizioni vantaggiose se i sottoscrivono convenzioni di lunga durata, ma si tratta pur sempre di “roba da ricchi” ma molto molto ricchi… Il tema “badanti” è interessato da qualche cambiamento, non solo negativamente a causa dello strazio della guerra che coinvolge molte delle persone che assistono gli anziani in Italia, ma invece positivamente poiché qualche Comune, tra cui Milano, ha aperto un servizio di reperimento di personale qualificato a prezzo praticabile… ma anche qui “roba da ricchi” ma molto molto ricchi… Abbiamo quindi capito che dobbiamo ARRANGIARCI anche se pensiamo che l’abitare degli anziani potrebbe rappresentare una grossa opportunità economica e lavorativa non solo per l’assistenza o la sanità privata, alla quale sembra si stia cedendo il passo.

Le recenti “retromarce” sulla Legge sulla Non autosufficienza, causa guerra, ci amareggiano, ma non siamo intenzionate a “mollare” almeno in quelle realtà come Milano dove ci sono orecchie che potrebbero aprirsi ad un maggiore ascolto. Le ricerche ci dicono che a Parigi, Vienna, Barcellona, Berlino le cose vanno meglio e noi riproveremo finché non troveremo interlocutori validi.                                                                                                     Intanto impariamo a dare un nome a quelle sperimentazioni di cui tanto si parla per capire se ci interesserebbero e se vale la pena approfondirne la conoscenza:

Abitare condiviso: Può rappresentare una fonte di reddito diretta o indiretta, se prevede di ospitare in casa propria una persona (il Comune di Milano aveva lanciato l’iniziativa “Prendi in casa uno studente) che contribuisca alle spese o offra servizi alla padrona di casa.

Cohousing: unità abitative indipendenti o comuni con spazi condivisi (spazi, giardini, lavanderie ecc.), gestione condivisa di attività e/o servizi. Assunzioni collettive delle decisioni relative. Creazione di una comunità che condivida valori e obiettivi

Condominio solidale: sperimentazione avviata a Milano dalla Fondazione Cariplo attraverso la cooperativa Eureka, prevede in un unico stabile, la presenza di appartamenti di analoga tipologia e dati in locazione ad anziani autosufficienti. Nel canone di affitto sono previsti alcuni servizi e l’assistenza infermieristica.

Residenze per anziani: si tratta di strutture private (in genere si tratta di filiali italiane di case-madri straniere dove queste esperienze sono più diffuse) che offrono, in una unica residence, abitazioni di medie/piccole dimensioni in affitto ad anziani autosufficienti o parzialmente autosufficienti. Ai residenti sono offerti servizi (portierato, lavanderia, pulizia, disbrigo pratiche, accompagnamento) e assistenza nonché spazi di socializzazione e attività sportive e di svago.

RSA: strutture che ospitano anziani anche non autosufficienti garantendo assistenza sanitaria. Si tratta in generale di strutture private a pagamento 

Social housing o Housing sociale: (non solo per anziani) offerta di alloggi a prezzi contenuti e destinati a persone con reddito medio-basso che altrimenti non avrebbero opportunità sul mercato, ma che non hanno i requisiti per accedere all’edilizia pubblica popolare.

E poi seguiamo con interesse le ricerche che si stanno avviando in alcune città (in questo caso Milano) dalle quali potrebbe uscire qualche novità anche per noi cittadine anziane.   

Si chiama SEX AND THE CITY la ricerca che due giovani studiose stanno conducendo a Milano per capire quanto la città sia inclusiva per le sue cittadine. La Triennale di Milano insieme al Comune di Milano hanno a loro volta commissionato alle ricercatrici un “ATLANTE”, ora in libreria “Milano Atlante di genere” edito da LetteraVentidue, che guarda alla città con lo sguardo delle donne che la abitano. L’obiettivo è ottenere uno “strumento teorico e pratico per pianificare contesti più inclusivi e attenti alle necessità dei molteplici soggetti e dei differenti corpi che abitano lo spazio urbano” dicono le autrici Florencia Andreola (ricercatrice) e Azzurra Muzzonigro (architetta) fondatrici dell’ Associazione di promozione sociale Sex & the City.

Il mondo è costruito intorno all’uomo e alle sue caratteristiche: il maschio medio abile e senza passeggino e le città presentano enormi barriere architettoniche per tante persone che divergono dallo standard dominante, barriere che dovrebbero essere considerate molto di più oggi che ripensiamo i centri urbani in ottica di “smart city” e di sostenibilità. Per il momento la ricerca si occupa di Milano rispetto a: la violenza e l’insicurezza nello spazio domestico e nello spazio pubblico, gli usi della città, la sua simbologia, il sex work e la sanità. Milano non esce male dalla ricerca, ma non è certamente esente da criticità che penalizzano le donne: i posti disponibili negli asili pubblici, l’accesso ai mezzi di trasporto, le barriere architettoniche, la mancanza di servizi igienici e di spazi pubblici inclusivi, la percezione di insicurezza. Oltre il 50% delle donne intervistate ha infatti dichiarato di sentirsi in pericolo di notte per le strade di Milano e per noi donne over 65 in particolare, uscire di sera, suscita una sensazione di rischio.  Le autrici dicono che bisogna non aumentare le telecamere o chiudersi in casa, ma “incrementare la frequentazione dei luoghi da parte delle persone, incarnando lo slogan femminista che dice “le strade sicure le fanno le donne che le attraversano”. La ricerca prosegue e le relative proposte verranno presentate al padiglione Milano della XXIII Triennale Internazionale del 2022.

 

 

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