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Imprevedibili difensori dell’ambiente e della sostenibilità: moda e bellezza

Che la pandemia abbia dato risalto e attirato più attenzione sui temi dell’ambiente e della sostenibilità è vero, che l’inquinamento ambientale possa aver contribuito alla diffusione del virus è altrettanto vero, ma che siano la moda e l’industria della bellezza a dare prove tangibili di riconversione,      non l’avremmo immaginato.

È così: soprattutto i consumatori (le consumatrici) di prodotti di bellezza e di moda dimostrano una forte sensibilità al rispetto di condizioni di produzioni sostenibili. Forse non sono stati i grandi gruppi che producono cosmesi e abbigliamento che spontaneamente si sono posti il problema di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale ed etica, ma di certo hanno colto con molto anticipo il messaggio delle loro consumatrici: non inquinare e non sfruttare altrimenti non compro! Semplice ma efficace. Ci hanno sempre raccontato che conciliare ecologia ed economia è impresa complessa e con esiti negativi per i bilanci e quindi per lo sviluppo, ma oggi, il mondo di quella che è stata spesso considerata l’industria del frivolo, pare stia dando una grossa lezione ai più tradizionali imperi dell’industria. Lo fanno per continuare a vendere? Forse, ma non interessa, basta che lo facciano. Quindi materie prime ottenute nel rispetto dell’ambiente, il più possibile riciclabili e che non danneggino chi le produce o le utilizza.

Una certa diffidenza verso le operazioni di marketing  (non passa inosservato lo spot di Amazon che cerca di riguadagnarsi una reputazione sociale ed etica dopo essersi preso la patente mondiale di imprenditore più spietato del mondo, rispetto a condizioni di lavoro dei suoi collaboratori) ci spinge a ritenere che non siano scomparsi i bimbi di 5 anni dai laboratori o che l’ambiente non sia preservato del tutto dalle colorazioni o dagli scarti delle lavorazioni, ma di certo la diffusione delle informazioni sul web e una sorta di nuova coscienza collettiva molto legata alla pandemia sta prendendo piede.

Il CEO dell’Oréal, in una videoconferenza organizzata da ADN sulle priorità del 2021, ha voluto motivare l’accelerazione della conversione del suo gruppo, partendo proprio dalla pandemia vista come un’occasione per rileggere alcuni paradigmi e creare nuove occasioni di cambiamento. I grandi stilisti dicono cose analoghe.  Il tema che sembra accumunare molte delle riflessioni in corso sugli esiti che questo drammatico periodo avrà sul nostro modo di essere e di pensare, è quello dell’avanzare del senso del collettivo: uniti dai rischi di contagio, uniti nel dolore, uniti nelle modalità di vita consentite, uniti nelle preoccupazioni del futuro, ancorché con un’accentuata differenziazione delle condizioni di disuguaglianza economica, la reazione alla sensazione di fragilità che ci sta attraversando sono la solidarietà e la maggior comunanza. Una umanità che si scopre fragile, che scopre di avere svalorizzato sé stessa e quello che la circonda ed anche la propria intelligenza collettiva, “svenduta”, per urgenze e pigrizia, al dominio dell’intelligenza artificiale.

Rispettare ambiente ed individuo diventa la centralità di un possibile nuovo “rinascimento” dell’umanità che ci spinga a cambiare le cose in questa direzione. Le grandi aziende potrebbero contribuire a questo rinascimento ed hanno gli strumenti per farlo e le donne sono intenzionate a sostenere questo cambiamento cominciando dalle scelte in ambito beauty e moda. Brave.

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