La contraccezione è davvero la scoperta più rivoluzionaria del XX secolo? Recentemente l’Unione Femminile Nazionale ha rieditato il libro dedicato a “Giulia Filippetti, ovvero cronache italiane della procreazione responsabile” ripercorrendo tutta la storia delle lotte effettuate da questa coraggiosa donna e dai suoi collaboratori per arrivare all’istituzione di C.E.M.P. e U.I.C.E.M.P. consultori antesignani della battaglia sul controllo delle nascite.
I tempi della loro costituzione erano molto bui e bisogna fare riferimento alla salute della donna e alla salvaguardia della vita dei fanciulli e delle fanciulle per poter cominciare a parlare di pianificazione familiare sensibilizzando la popolazione ai problemi demografici.
Il C.E.M.P. nel corso della propria esistenza, svolge un prezioso lavoro politico anche facendo fronte a denunce e processi e nelle difficoltà di fare propaganda; bisogna arrivare alle lotte femministe degli anni ’60 per sbloccare la situazione e iniziare a parlare di contraccettivi senza che ciò determini scandalosi commenti o grottesche ipotesi tipo “la pillola fa venire il cancro” ma il cammino è ancora molto lungo. Solamente negli anni ’70 si arriva ad una proposta di legge che intende introdurre l’educazione sessuale nelle scuole, allo scopo di fornire strumenti evolutivi di cui ciascuno possa servirsi sulla base delle proprie personali convinzioni ed esigenze. Il problema non è solo etico, in realtà dietro al tema della contraccezione dimora un grande desiderio di libertà da parte delle donne, l’ambizione di poter disporre della vita a proprio piacimento, senza doversi necessariamente adeguare ai modelli generazionali vigenti.
Bisogna arrivare all’aprile 1978, dopo che la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza ritorna tre volte indietro alla Camera con l’accusa di incostituzionalità da parte dei democristiani, per arrivare alla promulgazione della legge 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza” e per riconoscere a Giulia Filippetti quanto riportato nel suo primo articolo che riconosce la procreazione cosciente e responsabile, promuovendo i servizi socio sanitari al fine di evitare che l’aborto sia usato come metodo di limitazione delle nascite.
E qui aggiungiamo una nota non così positiva riguardante l’introduzione, all’interno della legge 194, dell’obiezione di coscienza da parte dei medici; ciò significa che le battaglie non sono ancora finite e che la piaga dell’aborto può essere eliminata solamente da una diffusa contraccezione e che in uno Stato che voglia veramente dirsi laico, la legge deve poter avere applicazione in tutte le parti del territorio, convincendo magari i medici obiettori a scegliere altre strade per valorizzare al meglio la loro professione.