Assistere in tempo di crisi. L’esperienza in RSA Casa Industria
Aprile 6, 2020
Verso una democrazia della cura: un appello.
Aprile 8, 2020
Mostra tutto

Il mondo dopo il coronavirus

L’umanità sta affrontando una crisi globale. Forse la crisi più grave della nostra generazione. Le decisioni che verranno assunte dai governi nelle prossime settimane probabilmente condizioneranno il mondo negli anni a venire. Dobbiamo agire rapidamente e con decisione. Dobbiamo considerare anche le conseguenze a lungo termine delle nostre decisioni, che non solo definiranno il nostro sistema sanitario ma anche il mondo nel quale vivremo. Certamente la tempesta passerà, la maggior parte di noi vivrà – ma abiteremo in un mondo diverso.

Molte misure a breve termine per l’emergenza diverranno delle costanti nella nostra vita. Tale è la natura delle emergenze. Esse accelerano i processi storici. Decisioni che in tempi normali richiederebbero anni per essere assunte  ora son approvate in un pugno di ore. Vengono messe in atto tecnologie che in tempi normali avrebbero richiesto anni per essere accettate perché il rischio di non fare nulla sarebbe ben maggiore. Intere nazioni servono come cavie per esperimenti sociali su larga scala. Che cosa succede quando tutti lavorano da casa e comunicano solo a distanza? Che cosa succede quando scuole e università intere vanno on line? In tempi normali governi, affaristi e sistemi di insegnamento non avrebbero mai acconsentito a condurre simili esperimenti. Ma questi non sono tempi normali.

In questi tempi di crisi ci troviamo di fronte  a scelte importanti. La prima tra una sorveglianza totalitaria e un potenziamento delle decisioni dei cittadini. La seconda tra isolamento nazionalista e solidarietà globale.

Sorveglianza sottotraccia. Per fermare una epidemia, le popolazioni sono tenute ad adeguarsi a certe direttive. Ci sono due vie principali per arrivare a questo.  Un metodo consiste nel sorvegliare la gente e punire che si sottrae alle regole. Oggi, per la prima volta nella storia, è possibile sorvegliare la popolazione in modo diverso e punire chi viola le regole. Cinquant’anni fa il KGB non poteva seguire 240 milioni di cittadini sovietici 24 ore al giorno, né poteva sperare di analizzare tutte le informazioni raccolte. Il KGB doveva fare affidamento su agenti e analisti e non poteva piazzare un agente per seguire ogni cittadino. Oggi invece i governi possono contare su sensori piazzati ovunque e su efficientissimi algoritmi invece che su informatori in carne  ossa.

Nella loro battaglia contro epidemie di corona virus diversi governi hanno già dispiegato i loro strumenti. Il caso più notevole è la Cina. Attraverso lo stretto controllo degli smartphones, utilizzando centinaia di milioni di macchine da presa che riconoscono i volti e obbligando i cittadini a controllare e riferire le loro temperature corporee e le condizioni mediche, le autorità possano non solo identificare rapidamente i sospetti portatori di corona virus ma anche seguire i loro movimenti e identificare chiunque sia entrato in contatto con loro. Un insieme di App mobili avverte i cittadini quando si trovano vicini a pazienti infetti.

L’uso di questa tecnologia non è limitato all’Asia orientale. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha di recente autorizzato il Servizio di sicurezza israeliano a utilizzare, per identificare  pazienti affetti da corona virus,  le tecnologie normalmente impiegate per perseguire i terroristi. Quando l’autorevole sottocommissione  parlamentare rifiutò di autorizzare tale misura, Netanyahu la ripescò tramite un “decreto d’emergenza”.

Voi potreste sostenere che non c’è nulla di nuovo in tutto questo. Negli ultimi anni sia i governi sia i potentati economici hanno utilizzato tecnologie ancor più sofisticate per rintracciare, controllare e manipolare la popolazione. Se non stiamo attenti l’epidemia potrebbe segnare un tornante decisivo nella storia della sorveglianza. Non solo perché potrebbe rendere normale l’utilizzo di strumenti di sorveglianza di massa in paesi che finora li hanno rifiutati, ma ancor più perché segna un passaggio dalla sorveglianza “sopra la pelle” a una sorveglianza “sotto la pelle”.

Fino a oggi, quando il vostro dito toccava un tasto del vostro smartphone e si connetteva con un link, al governo interessava sapere esattamente su che cosa il vostro dito stava cliccando. Oggi il governo vuol conoscere la temperatura e la pressione del sangue del vostro dito nonché il numero di telefono di vostra sorella.

Il pasticcio dell’emergenza. Uno dei problemi che abbiamo quando lavoriamo sotto sorveglianza è che non sappiamo dove e in che modo siamo sorvegliati e che cosa potranno portarci i prossimi anni. La tecnologia della sorveglianza si sta sviluppando a rotta di collo e quello che dieci anni fa sembrava fantascienza oggi appartiene alle notizie vecchie. Come esperimento mentale, immaginiamo  che un governo chieda ai cittadini di indossare un braccialetto biometrico che controlli la temperatura corporea 24 ore al giorno. I dati che ne escono vengono esaminati dagli algoritmi del governo. Gli algoritmi sapranno se sarai ammalato ancor prima che lo sappia tu stesso, e sapranno anche dove sei stato e chi hai incontrato.  La catena del contagio potrebbe essere rapidamente  accorciata ed eventualmente anche fermata.  Un sistema del genere potrebbe fermare il cammino dell’epidemia in pochi giorni. Sembra bello, no? L’altra faccia della medaglia è che questo permetterebbe un terribile sistema di sorveglianza. Se voi sapete che io ho  cliccato su un tasto delle Fox news piuttosto che su quello della CNN avete già una indicazione delle mie propensioni politiche e forse anche della mia personalità. Ma se voi potete controllare anche che cosa capita alla mia temperatura corporea, alla pressione del sangue, mentre io guardo una video clip, potete imparare che cosa mi fa ridere, piangere o che cosa mi rende veramente arrabbiato.

E’ fondamentale tenere presente che la rabbia, la gioia, la noia sono tutti fenomeni biologici come la febbre e la tosse. Se i grandi potentati economici e il governo cominciano a raccogliere in massa i nostri dati biologici, finiranno per conoscerci molto meglio di quanto noi stessi ci conosciamo e non solo potranno prevedere le nostre reazioni ma anche manipolare i nostri sentimenti e venderci qualunque cosa vogliano, sia un prodotto sia un uomo politico. La rilevazione dei dati biometrici farebbe sembrare il furto di dati effettuato da Cambridge Analytica come qualcosa proveniente dall’età della pietra. Immaginate una Corea del Nord nel 2030, dove ogni cittadino debba portare per l’intera giornata un braccialetto biometrico. Se voi ascoltaste un discorso del Grande Leader e il braccialetto avvertisse segnali di ira durante il discorso, voi sareste spacciati. Si potrebbe, naturalmente, dare il caso di una sorveglianza tramite il braccialetto come misura temporanea durante un’emergenza. Dovrebbe essere sospesa quando cessa l’emergenza. Ma le misure temporanee hanno la cattiva abitudine di prolungare le emergenze, soprattutto se all’orizzonte si profila una nuova emergenza. La mia patria, Israele, ad esempio dichiarò lo stato d’emergenza durante la Guerra d’Indipendenza del 1948, il che giustificò una serie di provvedimenti dalla censura sulla stampa e dalla confisca di terre a una speciale regolamentazione del diritto di riunione. La Guerra di Indipendenza è stata vinta da tempo, ma  Israele non ha mai dichiarato chiusa l’emergenza, e non ha per nulla abolito molte delle misure “temporanee” del 1948. (Il decreto d’emergenza sul diritto di riunione è stato fortunatamente abolito nel 2011).

Anche quando le infezioni di corona virus saranno ridotte a zero, un governo avido di informazioni potrebbe sostenere di aver bisogno di mantenere una sorveglianza biometrica perché si teme una seconda ondata di corona virus oppure perché nell’Africa centrale si sta sviluppando una nuova infezione di Ebola, o perché…. voi avete afferrato l’idea. In anni recenti sulla nostra privacy si è scatenata una lotta accanita. La crisi del corona virus potrebbe esserne il momento cruciale. Perché quando l’uomo deve compiere una scelta tra privacy e salute, normalmente sceglie la salute.

La politica. Il nodo del problema è la scelta tra privacy e salute. Ma questo è un falso problema. Noi possiamo e dobbiamo godere sia di buona salute, sia di privacy. Possiamo scegliere di proteggere la nostra salute e fermare l’epidemia di corona virus non con l’istituzione di un regime totalitario ma dando più potere ai cittadini. Nelle ultime settimane gli sforzi più efficaci per fermare il corona virus sono stati promossi dalla Corea del Sud, Taiwan e Singapore. Avendo fatto uso di strumenti per rintracciare i soggetti, questi paesi hanno condotto indagini più estese producendo relazioni molto più credibili grazie alla volonterosa cooperazione di un pubblico bene informato.

Una sorveglianza centralizzata e dure sanzioni non sono i mezzi migliori per convincere la popolazione a collaborare secondo direttive bene precise. Quando la popolazione è informata sulla base di dati scientifici e quando ha fiducia nelle autorità che comunicano questi fatti, i cittadini fanno le cose giuste, anche se un Grande Fratello li spia da dietro le spalle. Una popolazione motivata e in genere ben informata è molto più potente ed efficiente di una popolazione di una non informata e sorvegliata dalla polizia.

Considerate, per esempio, il fatto di lavarvi le mani col sapone. Questa è stata una delle più grandi conquiste nel campo dell’igiene umana. Questa semplice azione salva ogni anno milioni di vite. Benché noi oggi lo diamo per scontato, solo nel XIX secolo gli scienziati scoprirono l’importanza di lavarsi le mani col sapone. In precedenza persino i medici e le levatrici passavano da un intervento chirurgico a un altro senza lavarsi le mani. Oggi bilioni di persone si lavano le mani non perché temano la “polizia del sapone”. Ma piuttosto perché capiscono la realtà dei fatti. Mi lavo le mani perché ho sentito parlare dei virus e dei batteri, capisco che questi piccoli organismi provocano danni e so che il sapone può eliminarli.

Per raggiungere questo livello di comprensione e di cooperazione dobbiamo fidarci. Gli uomini devono fidarsi della scienza, delle autorità pubbliche e dei mezzi di comunicazione. Solo pochi anni fa degli uomini politici hanno deliberatamente messo in discussione la scienza, le pubbliche autorità, e i mezzi di comunicazione di massa.  Oggi questi stessi uomini politici potrebbero essere tentati di prendere la scorciatoia dell’autoritarismo sostenendo che voi non potete fidarvi che il popolo faccia la cosa giusta.

In tempi normali non si può ricostruire in una notte ciò che è stato distrutto negli anni. Ma questi non sono tempi normali. In un momento di crisi, anche le mentalità possono cambiare rapidamente. Potreste aver avuto cattivi rapporti per anni con fratelli e sorelle, ma potreste anche scoprire una riserva nascosta di fiducia e amicizia e aiutarvi reciprocamente. Invece di ricorrere a regimi di sorveglianza potrebbe non essere troppo tardi per restituire al popolo la fiducia nella scienza, nelle pubbliche autorità e nei media. Dovremmo in sostanza ricorrere anche alle nuove tecnologie, ma queste dovranno aumentare il potere dei cittadini. Sono completamente favorevole a che siano sorvegliate la mia temperatura corporea e la mia pressione, ma questi dati non devono essere usati per creare un governo che abbia tutti i poteri.

L’epidemia corona virus è perciò un grande test di cittadinanza. Nei giorni che verranno ciascuno di noi dovrà scegliere di fidarsi degli esperti della salute piuttosto che di infondate teorie e di politici preoccupati solo di sé stessi. Se noi facciamo la scelta sbagliata, potremmo trovarci ad aver rinunciato alla nostra più preziosa libertà con la persuasione che questa fosse la sola strada per salvaguardare la nostra salute.

Abbiamo bisogno di un piano globale. La seconda importante scelta è tra isolamento nazionalistico e la solidarietà globale. Sia la stessa epidemia e sia le conseguenze della crisi economica sono  problemi globali. E possono essere risolti solo con una cooperazione globale. Nella prospettiva di sconfiggere il virus il primo e principale bisogno è quello di scambiare informazioni in modo globale.

Al momento sfortunatamente i paesi non fanno nulla di tutto ciò. Una paralisi collettiva ha colpito la comunità internazionale. Non sembra che ci siano adulti  sulla scena. Ci si aspettava di vederli già da alcune settimane in un meeting di emergenza  e uscirne con un comune piano  di azioni. E invece i leader del G7 hanno organizzato una videoconferenza da cui non è emerso nessun risultato.

Nelle crisi precedenti, quella finanziaria del 2008 e quella dell’epidemia dell’Ebola del 2014, gli Stati Uniti hanno assunto il ruolo di leader. Ma l’attuale Amministrazione Statunitense ha abdicato al suo ruolo di leader. E’ chiaro che ciò che interessa è la grandezza dell’America più che il futuro dell’umanità.

Se lo spazio lasciato dagli Stati Uniti non sarà occupato da altri paesi non solo sarà più difficile  frenare la pandemia attuale, ma la sua eredità continuerà ad avvelenare le relazioni internazionali negli anni a venire. Certo ogni crisi è anche un’opportunità. Noi dobbiamo sperare che l’attuale pandemia aiuterà il genere umano a salvarsi dal veleno della disunità globale. L’umanità ha bisogno di scegliere, se percorrere la via della disunità o il sentiero della solidarietà globale. Se sceglieremo la disunità, non solo la crisi sarà prolungata ma probabilmente sarà ancora più catastrofica nel futuro; se scegliamo la solidarietà globale sarà la vittoria non solo contro il corona virus ma contro le future epidemie che assaliranno l’umanità nel Ventunesimo secolo.

 Yuval Noah Harari, The world after corona virus, in Financial Times, 20 marzo 2020 (riduzione)

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *