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Da leggere: Resto qui

1923. Benito Mussolini, ormai al potere, è impegnato a italianizzare il Sud Tirolo, territorio annesso all’Italia come bottino della vittoria italiana nella guerra 1915-1918.

L’operazione è traumatica per le popolazioni locali che subiscono come un’invasione l’arrivo di contadini del sud, piccoli burocrati, insegnanti di italiano, diventati i loro nuovi connazionali. Nemmeno la pietà per i morti, di cui vengono italianizzati i nomi sulle lapidi, lascia presagire spiragli di umanità. Unica alternativa per i nativi è trasferirsi in Germania abbandonando case e paesi che hanno visto da generazioni la loro storia, lasciare spazio alle nuove scuole in lingua italiana relegando la difesa della loro identità nelle Katakombenschulen, le scuole clandestine aperte nei masi, nei fienili, nelle cantine, per continuare a trasmettere ai figli la conoscenza del tedesco.

“Resto qui” sembra il grido di guerra e di impegno civile di chi, come Trina, l’io narrante, non intende abbandonare la sua terra, ma al contrario difenderne la storia e l’identità, tentando di opporsi con la sua piccola comunità al disegno di pulizia etnica che Mussolini intende mettere in atto in Alto Adige. Sempre accompagnata dal pensiero struggente e lacerante per la figlia misteriosamente scomparsa; sempre turbata dalle voci ambigue, ma minacciose, di un progetto per costruire una grande diga che avrebbe cancellato tetti e campanili, fioritura di prati e alberi, ricordi e amicizie di vecchia data.

Lo scoppio della guerra, che sembra strappare dalle anime tutti i buoni sentimenti, ripropone lacerazioni e incubi faticosamente supportati da solidarietà e sacrifici; la vita si sposta dal piccolo paese alle montagne che offrono un rifugio più sicuro.

Il rientro nelle proprie case alla fine della guerra sembra ridare speranza per il futuro: l’Italia è una repubblica, il presidente del Consiglio è Alcide De Gasperi è un altoatesino che potrebbe intervenire e far dimenticare l’incubo del progetto della diga.

Non sarà così; la battaglia impari di Trina e dei suoi compaesani a difesa della propria terra è perdente. La diga, minacciosa, incombente come un corpo estraneo diventa parte del paesaggio mentre di Curon, piccolo paesino nella Val Venosta nel Sudtirolo, rimane solo la punta del campanile che emerge ancora oggi dal lago di Resia.

La disperazione di Trina non conosce consolazione: “Si scattano le foto con il campanile alle spalle (…..) come se sotto l’acqua non ci fossero le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo.”

Il libro Resto qui è di grande impatto emotivo e di coinvolgente impegno civile. È una pagina di storia, vissuta e interpretata dai sentimenti più intimi dei protagonisti. Non intende inscenare processi, ritagliare spazi per buoni e cattivi. I veri protagonisti sono i luoghi dove si svolge e si racconta la vita quotidiana, le case degli affetti e dei dolori, le piazze degli incontri di una vita. Il vero protagonista è quel campanile che, indomito, continua a affiorare dall’acqua per combattere contro l’oblio dei tempi e l’insensatezza degli uomini.

Marco Balzano – ed. Einaudi

 

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