Un ponte per continuare ad ascoltarsi: boomer e millennial
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I boomers secondo l’Accademia della crusca

Come re Mida condannato a tramutare in oro tutto ciò che toccava, quel che tocca la vecchiaia è condannato a diventare spregiativo o negativo.

È la fine che in Italia ha fatto il termine boomer che da circa 10 anni definiva i nati nel baby boom demografico del dopoguerra. Ma in seguito il termine aveva assunto il compito di rappresentare una nuova generazione di anziani che avrebbe (ma per noi Donne In è ancora così) contribuito a smontare qualcuno degli stereotipi legati agli anziani e soprattutto alle anziane.               E questo perché i boomer sono i primi con alta scolarizzazione, i boomer hanno vissuto stagioni di emancipazione e liberazione, i boomer sono quelli che hanno vissuto grosse rivoluzioni sociali e culturali e se le trascinano anche nella vecchiaia che appunto vogliono vivere e immaginare in modo diverso.

Non ci eravamo innamorate del termine  “boomer”, preso in prestito dalla rapidità creativa degli USA, ma era l’unico per il momento, che racchiudeva molti concetti identitari della nostra generazione e  quindi per una volta ancora ci siamo negativamente stupite, quando abbiamo letto che l’Accademia della Crusca, definisce oggi il termine boomer “Appellativo ironico e spregiativo, attribuito a persona che mostri atteggiamenti o modi di pensare ritenuti ormai superati dalle nuove generazioni, per estensione a partire dal significato proprio che indica una persona nata negli anni del cosiddetto “baby boom”, e cioè nel periodo di forte incremento demografico che ha interessato diversi paesi occidentali al termine del secondo conflitto mondiale, tra il 1946 e il 1964”

L’accademia, dal 1582 incarica i suoi 20 membri, di cui almeno 5 fiorentini, di separare il “fior di farina” (cioè la buona lingua, identificata con il fiorentino del Trecento), dalla “crusca” (e forse è per ragioni campanilistiche che nel 2016 avevano sdoganato il termine “petaloso” usato dal politico fiorentino Renzi) e quindi non sappiamo se nell’Italia di oggi qualcuno li prende ancora sul serio, ma di certo è ancora una volta deludente e irritante, notare  che per attribuire un valore si parta dal giudizio espresso da una parte della popolazione, in questo caso i giovani, riproponendo  ancora una volta  una supposta conflittualità generazionale.  

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