Arriva ancora dagli Anni 80 il secondo capolavoro assoluto visto quest’anno, dopo EMPIRE OF LIGHT di Sam Mendes. ARMAGEDDON TIME di James Grey, il più europeo dei registi americani insieme a Woody Allen.
Grey stavolta guarda a I QUATTROCENTO COLPI, ovvero all’adolescenza intesa in senso politico, personale, decostruttivo come atto di ribellione creativo, verso un mondo imposto in cui ci si trova per caso o per sbaglio, cercando il proprio.
È quanto accade a Paul che nel passaggio alle Scuole Superiori si scopre ribelle, decide di diventare un artista mentre i genitori lo vorrebbero “sistemato” con un lavoro normale e stringe amicizia con Johnny, coetaneo afroamericano ripetente nella sua stessa classe.
Sta arrivando Regan alla Presidenza degli Stati Uniti, l’incubo del nucleare, il razzismo persino fra chi è oggetto di razzismo, insomma la tangibile distruzione del Sogno Americano. Ma Paul continua a sognare, l’arte come miraggio, la libertà dal contesto piccolo borghese della sua famiglia ebrea di immigrati ucraini perseguitati. Non coglie il privilegio di appartenere a un nucleo famigliare pieno di calore (Anne Hathaway e Jeremy Strong sono magnifici come attori e come genitori, fragili e inermi), in cui riconosce solo la figura potentissima e patriarcale del nonno Aaron dell’immenso Anthony Hopkins, che lo spinge verso una fierezza e un coraggio frutto di grandi sofferenze e persecuzioni.
Banks Repeta impersona Paul donandogli uno stupore ribelle adolescenziale e man mano che il film cresce e svetta sempre di più nella malinconia-sottolineata dalla fotografia ovattata e autunnale del Maestro Darius Khondji, rompe gli argini della convenzione cinematografica ed entra in una dimensione proustiana così sottile da trasportati fuori dalla Sala Cinematografica e condurti nella tua memoria personale.
ARMAGEDDON TIME procede con la dimensione di un graffito sulla metropolitana della ritrovata New York, bellissima struggente e poetica, centrale e periferica, coi suoi grattacieli invisibili e le sue case dai piccoli interni, colta dall’occhio magistrale di James Gray. Poi diventa affresco tra sogno e incubo (la scuola elitaria finanziata dai Trump, col cameo a sorpresa di Jessica Chastein). Pare di non riuscire ad andarsene, ma poi ci si allontana di colpo dal passato, dalla memoria verso un presente costruito su quelle fondamenta e su quelle macerie. Per ora miglior film dell’anno insieme a EMPIRE OF LIGHT.