Nella storia recente dei rapporti familiari nel nostro paese assistiamo, dal dopoguerra agli anni Sessanta, a relazioni familiari contraddistinte dalla differenza culturale e dalla distanza geografica.
Mentre il miracolo economico provoca un’immigrazione epocale dal Sud al Nord del Paese, che si concentra nelle grandi città del triangolo industriale, molti nonni restano al paese, legati a una cultura contadina, a tradizioni locali, a costumi tradizionali.
Per vent’anni, dal 45 al 65, le generazioni s’incontrano sporadicamente – d’estate, per le festività nazionali e per le elezioni, quando giungono a casa gli emigrati all’estero, soprattutto dalla Germania e dalla Svizzera.
Sarà il Cinema a descrivere quella fase della vita nazionale attraverso un tema rituale quale il ritorno del figlio cittadino al paese d’origine in occasione della morte del padre. In quel ventennio non vi sono rilevanti conflitti tra le generazioni in quanto i nonni rappresentano il passato, i giovani il futuro. La dissimmetria è tale da evitare confronti e competizioni.
Su quell’ assetto, ancora patriarcale, spira dalla fine degli anni Sessanta il vento destrutturante della contestazione, quando il futuro diviene uno scenario totalizzante che adombra il passato. In quegli anni il conflitto che contrappone i figli ai genitori non coinvolge direttamente i nonni, che occupano una posizione marginale sulla scena del Sessantotto. Le istanze antiautoritarie, rappresentate sulla scena metropolitana (i famosi cortei con Eskimo, slogan e striscioni), non animano le province e i paesi, dove risiedono la maggior parte degli anziani.
Il decennio successivo, gli anni Settanta, sarà contraddistinto da due correnti opposte – la strategia della paura (i cosiddetti “anni di piombo”) e le lotte per i diritti civili (pacifismo, femminismo, orgoglio gay, diritto di famiglia e del lavoro).
In quei frangenti i giovani sono così coinvolti nella definizione di sé, della loro identità, dei rapporti di potere e di sapere, che i nonni rappresentano l’ultimo dei loro problemi.
Soltanto quando i protagonisti della generazione che “ha fatto il sessantotto”, i giovani che “hanno sognato” giungeranno all’età di essere a loro volta nonni, la questione assumerà rilevanza e urgenza.
Abituati a definire il loro posto nel mondo contro i residui del passato, a rifiutare i modelli della tradizione, porteranno, anche in quest’ambito, innovazioni decisive. La loro voce risuona ancora nelle testimonianze che ho raccolto e commentato nel libro Nuovi nonni per nuovi nipoti, 2008.
Così come avevano cancellato la figura del padre autoritario, gli ex sessantottini annullano quella del nonno autoritario. Dalle pagine del libro traspare il loro entusiasmo per la scoperta di una dimensione umana inesplorata, che potremmo definire una paternità con connotazioni materne, che esprime bene la temperie affettiva delle nuove famiglie.
Siamo ormai nel terzo millennio e la famiglia patriarcale non abita più qui, sostituita dalla famiglia affettiva dove si sta insieme, non per convenienza ma per convinzione.
Così come sono stati figli ribelli e genitori anticonvenzionali saranno “nuovi nonni”. Finita la famiglia patriarcale non ci sono più i nonni di una volta.
Ora sono giovani perché la vecchiaia è stata spostata sempre più in là da ultrasessantenni sani, colti, sportivi, realizzati e intenzionati a non farsi da parte. Molti di loro, dopo l’università hanno raggiunto posizioni di potere e la Renault 4 è stata sostituita dalla Mercedes. Non pochi, dopo il primo, hanno costituito un secondo nucleo familiare basato sul matrimonio o la convivenza, dove figli di un terzo genitore crescono insieme ai primi considerandosi fratelli. I termini spregiativi “fratellastro” e “sorellastra”, così come “matrigna” e “patrigno”, escono senza rimpianto dal dizionario della Lingua italiana. Mentre parole come “nonnastra” o “nonnastro” non vi hanno mai fatto parte.
Al nucleo familiare tradizionale, si affiancano così altre configurazioni come il genitore unico (soprattutto la madre), la famiglia divisa, quella ricomposta,
l’affidataria, la multietnica e ultimamente la famiglia monosessuale, composta da due donne o da due uomini.
Un crogiuolo di esperienze, ancora non sedimentate, da cui emergeranno prima o poi nuovi modi di vivere insieme.
di Silvia Vegetti Finzi – Incontro presso Donne In