Christine de Pizan -Scrittrice e copista
(1365-1430)
La querelle des sexes
Come scrive Gisela Bock nel suo bel libro Le donne nella storia europea [1] nella Querelle de sexes “si discusse per secoli, spesso in forma di lamento e di accusa (querelle), su cosa e come siano, debbano e possano essere le donne e gli uomini”.
La disputa ebbe origine nel Medioevo e si sviluppò nel primo Rinascimento, soprattutto in Italia, in Francia, in Spagna e ben presto in altri paesi europei, sotto l’influsso dell’Umanesimo e della riforma religiosa e proseguì fino all’Illuminismo. Anche la religione cattolica ebbe il suo peso e la sua importanza nella querelle, al fine di sostenere il ruolo subordinato delle donne nella società e nel contribuire a definire una identità delle donne corrispondente ai dettami religiosi. La stessa querelle sull’identità sessuale ebbe una lunga e contraddittoria storia e di questo si occuparono con alterne vicende medici biologi e scienziati. Della querelle fecero parte sia uomini che donne che espressero il loro punto di vista con molteplici e diverse argomentazioni: dalla donna “figlia del diavolo, tentatrice e malvagia” alla “donna angelicata” cantata in Francia dai troubadours (trovatori).
Christine de Pizan partecipò attivamente alla querelle de sexes. Nacque a Venezia nel 1365, il padre era Tommaso di Benvenuto da Pizzano, medico e astrologo all’Università di Bologna; sua madre era figlia di Tommaso Mondini, consigliere della Repubblica di Venezia. Nel 1368 l’intera famiglia si trasferì a Parigi. Christine si sposò a quindici anni e, rimasta vedova giovanissima con i figli, fu costretta a lavorare per vivere ed affrontò un periodo molto duro per far fronte alle necessità della sua famiglia. Essendo una fine letterata iniziò a lavorare con la sua scrittura, e in quei tempi, non fu per lei né semplice né facile. Christine de Pizan fu la prima scrittrice di professione nel senso moderno del termine; visse del suo lavoro e scrisse per vari committenti in un contesto sociale e politico molto preciso ed al di fuori delle mura di un convento. A partire dai primissimi anni del XV secolo si impegnò in tutte le lotte sociali e culturali del tempo e forse proprio per questo la sua scrittura è fortemente segnata dal proprio vissuto personale, storico e reale.
Viene ricordata come una donna che usò la sua conoscenza per contrastare i peggiori stereotipi femminili che erano fortemente presenti nel Romanzo della rosa[2], poema allegorico medievale , a cui oppose il proprio trattato La cité des dames scritto nel 1404-1405, nel quale l’autrice rovescia le raccomandazioni contenute nel Romanzo della rosa. Scrive Christine a questo proposito, rivolgendosi agli estensori del Romanzo della rosa: “Mio Dio, che razza di chiacchierone!” e spiegava di non trovare né folle né presuntuoso “che io, donna, osi criticare e confutare un autore così fine e sensibile, dopo che lui, come uomo, ha osato calunniare e biasimare tutto il nostro sesso, senza eccezioni!”.
Fu la prima ad affermare solennemente l’ingresso nel campo delle lettere, osando ”un nuovo punto di vista dal quale scrivere, quello delle donne”. Un punto di vista e una voce che si sono fatti sentire in un’opera letteraria diversificata che va dagli scritti filosofici, a quelli politici, religiosi, senza contare la lirica e poesia. Se La Citè des Dames è il suo libro più noto, Christine, ha anche al suo attivo molte opere politiche.
Christine de Pizan è stata definita una “donna virile” che non antepone a se stessa alcuna maschera, ma che, al contrario, fa della sua femminilità una causa da difendere. La monumentalità della sua produzione letteraria rivela che Christine sia riuscita ad imporsi come un’importante figura del XV secolo, ma non bisogna dimenticare che lei, a differenza di un qualsiasi scrittore maschio del suo tempo, ha dovuto, proprio tramite la scrittura, costruirsi un’identità di donna in un contesto sociale e culturale ostile e per niente pronto ad accoglierla.
All’interno della Citè des dames, troviamo descritta una “città in un libro” che include e trascende le città storiche. Christine introduce le comunità femminili storiche nell’allegoria di una città immaginaria, intendendo così creare uno spazio di autonomia e libertà per donne virtuose; spazio che lei non riesce a trovare altrove, neppure fra le mura dei conventi; spazio, inoltre, all’interno del quale le donne saranno protette dalla misoginia. Dai dialoghi che Christine instaura con le tre Dame che incontra, Ragione, Rettitudine e Giustizia, si ricava sia il suo pensiero sulla svilente condizione della donna, sia la sua profonda riflessione sulle posizioni riguardo all’unità della creazione, alla natura della virtù, alla libertà. L’autrice espone problemi che risuonano anche nelle pagine nei libri contemporanei: l’accesso all’educazione per le donne, il disappunto che talvolta provano le donne alla nascita di un figlio, la violenza nel matrimonio. Quello che Christine sembra voler far risaltare in quest’opera, ma anche all’interno dell’intera sua produzione letteraria, è il contrasto fra un femminile civilizzatore, proteso alla vita, e un maschile che nella dimensione mitica come in quella quotidiana predilige lo scontro, la distruzione, la morte.
È evidente in questa grande opera, il suo intento di andare alla ricerca di una genealogia al femminile che unisca, in un unico percorso, il suo pensiero con quello delle donne del passato per porre le basi del futuro. L’opera di Christine de Pizan e il suo contributo alle donne merita un forte riconoscimento proprio perché la Citè des dames si riferisce a tutte le donne e all’ identità femminile generale, non alla sola unicità di ciascuna donna.
L’ipotesi e il pericolo di porre una donna come Christine su un piedistallo, assegnando importanza solo al pensiero di donne illustri come lei, e quindi riconoscendo dignità solo alle “eroine” senza uguali, di fatto non rende giustizia a tutte le donne a cui lei guardava e di cui scriveva, che erano invece quelle a cui lei tendeva rivolgersi: il “suo umanesimo”.
Christine de Pizan è stata una vera antesignana dei diritti delle donne, di tutte le donne.
[1] Le donne nella storia europea, G. Bock, Editori Laterza, 2008.
[2] Roman de la Rose (in italiano Romanzo della Rosa) è un corposo poema allegorico in due parti distinte scritto da due diversi autori a distanza di 40 anni, che conteneva gli stereotipi del tempo sulle donne. L’opera fu iniziata nel 1237, in seguito fu ripresa e completata tra il 1275 e il 1280. Il successo fu immenso, tanto che il testo fu uno dei più copiati per tutto il Medioevo.