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Masal Pas Bagdadi ci parla del suo nuovo libro “Il filo della matassa”

IL FILO DELLA MATASSA” di MASAL PAS BAGDADI edito da Salomone Belforte è da poco in libreria.

Bello e commovente come al solito, è scritto col cuore. Questa volta Masal che conosciamo e che nella vita, come psicoterapeuta, sostiene e interpreta i bisogni dei più piccoli (ma molto bene anche dei grandi) non li pone come   protagonisti diretti della sua storia. Nel libro, Masal parla dei nipoti, dei figli ormai grandi, del matrimonio, dell’amore di un tempo per “srotolare pezzi della matassa” e lasciare un ricordo della loro nonna e qualche riflessione sui grandi temi che attraversano la vita di ognuno di noi.

La protagonista è Masal stessa che al compimento dei suoi 80 anni ha deciso di “sbrogliare la matassa” della sua vita e di raccontarla. Della biografia di Masal Pas Bagdadi conosciamo già molto perché la “bimba del kibbutz” si è raccontata nei suoi precedenti libri, ma questa volta il racconto svela la Masal più intima che forse non avremmo immaginato da soli. La vecchiaia rende liberi, dice qualcuno e Masal usa questo spunto per farci sapere chi è nella sua intimità e chi è stata.

(Donne IN)  

Nel tuo libro, il raccontarti sembra un dovere prima che sia troppo tardi. Come mai, avevi paura di perdere la memoria?

(Masal)

Perdere la memoria per gli anziani fa parte dell’invecchiamento, e consciamente o no lo temiamo tutti: il problema è che quando succede, il nonno o la nonna anziani non se ne accorgono. Sono i parenti a rendersene conto nel quotidiano. Immagino che un mondo senza memoria, sia come muoversi in un mondo vuoto, senza senso e privo d’amore: non ci sei più tu e non ci sono più gli altri che hanno fatto parte della tua vita.

Per i figli (che si prendono cura del genitore) è importante che papà o mamma li riconoscano fino alla fine.  Io mi auguro di mantenere la memoria fino alla fine (è la mia forza nella vita), ma nel caso succeda, ho dato indicazione ai miei figli che, desidero andare a vivere nella Casa di Riposo ebraica. È un mio modo di difendere la mia autonomia fino alla fine. 

Raccontarmi è un modo per tramandare la memoria personale e collettiva. È un aspetto riconoscibile negli ebrei della mia generazione che hanno subito le persecuzioni antiebraiche: il compito della testimonianza è insito nel mio essere.

Donne In

Quanto è importante dare parole alle emozioni? nel libro lo dici in modo esplicito, parlando dei tuoi nipotini più piccoli

Masal

il senso delle parole è fondamentale, per intenderci con gli altri. Nel raccontare le mie emozioni cerco le parole giuste per dirlo in modo chiaro, così che gli altri possono identificarsi. I bambini piccoli che stanno imparando la vita, hanno più difficoltà ad esprimere concetti astratti come nostalgia, sofferenza, solitudine rabbia e così via, perciò hanno bisogno di un linguaggio simbolico (parole) per esprimere quello che sentono.

Le parole hanno questo spessore, dare forma mentale all’ accaduto e usarlo, all’occorrenza, per farsi capire. Nel libro, per esempio, racconto del mio nipotino di tre anni che era in vacanza lontano e  gli dissi al telefono, che avevo nostalgia di lui, conscia che non sapeva cosa fosse, ma cercavo di spiegarli cosa fosse. Poi dopo mesi del tutto occasionalmente l’ho sentito dire a suo padre, tornato dal lavoro, che aveva nostalgia di lui. Soddisfatta, ho capito che aveva afferrato perfettamente il concetto.

Donne In

Nel FILO DELLA MATASSA si percepisce il tuo coraggio nel raccontarsi in modo autentico, ma anche il bisogno di riflettere sull’infanzia e sull’adolescenza in generale.

Masal

Le storie che racconto, anche quelle intime, sono determinate dalla mia lunga esperienza umana come psicoterapeuta. Con questa visione io sono il canale di trasmissione per affrontare qualcosa che tocca da vicino il lettore.

Penso che passare le conoscenze che ho acquisito nel tempo, sia non solo il senso di responsabilità ma soprattutto l’affetto che ho per i miei lettori. Ho la profonda consapevolezza del mio bisogno degli altri.

Riguardo ai bambini e ai giovani di questo periodo di pandemia, più che mai gli manchino interlocutori adulti disponibili privi di giudizio per sentire quello che pensano, cosa li tormenta, cosa vogliono cambiare, cosa sognano ecc. Nel libro racconto di mio nipote di 23 anni che mi chiede, mentre passeggiavamo mano nella mano affettuosamente, se credo in Dio. Penso che dietro questa domanda ci siano argomenti importanti della vita di cui parlare: su Dio, sulla morte, sulle paure, sul sesso ecc. Oltre alla realtà che stiamo attraversando, bisogna tenere presente che ognuno elabora i fatti con la propria immaginazione e il proprio bagaglio emotivo.

Donne In

Nel libro non ci sono “confessioni” di segreti, ma il racconto della tua vita, che né i tuoi figli né altri hanno avuto l’occasione di conoscere così bene. Ci sono stati commenti o reazioni?

Per ora no, chi ha letto le bozze mi ha dato un buon giudizio sul libro, ed è piaciuta molto la mia esposizione semplice e diretta. In fondo Il filo della matassa è un romanzo che prende spunto dalla realtà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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