Il 22 Dicembre la nostra Associazione in collaborazione con la Fondazione Anna Kuliscioff e l’Unione femminile nazionale ha organizzato un dibattito su:
La moda, le donne, le stiliste dagli anni Cinquanta ad oggi
dedicato a “Firme e stile dell’imprenditoria femminile” nell’ambito della mostra Milano, la città delle donne.
La giornalista Daniela Hamaui ha approfondito il tema raccontandoci i passaggi dalla moda di sartoria al pret à porter, dalla moda degli anni Settanta ai cambiamenti nei decenni successivi.
L’incontro è stato molto interessate, movimentato dalle domande delle partecipanti. Ve ne diamo un breve riassunto con alcuni passaggi significativi.
Daniela Hamaui “La moda deve creare un sogno e un desiderio ed ha molto a che fare sia con il nostro mondo esteriore che con quello interiore. L’immagine già dice chi sono io e soprattutto chi voglio essere. Mi presento e dichiaro qualcosa di me stessa, anche per il ruolo che desidero avere nella società”.
La giornalista ha raccontato della nascita dell’inserto di Repubblica “D Donna”, che lei stessa lanciò nel maggio 1996. Prima di iniziare l’avventura, davvero nuova per un quotidiano, era stato fatto un sondaggio tra le lettrici abituali. La domanda era se erano interessate ad un giornale femminile allegato al quotidiano e la risposta è stata per il 99% negativa. L’allegato, quindi non è stato una rivista “femminile”, ma una rivista che contemplasse una parte dedicata all’ informazione sulla moda, perché le donne potessero imparare a scegliere e riuscissero a trovare una propria estetica che le rappresentasse.
“Dal dopoguerra in poi il rapporto tra gli stilisti-le stiliste e le donne è stato fluido. Dior ha disegnato abiti che facessero sognare, con rimandi all’opulenza cinematografica. Ma la grande rivoluzione degli anni ‘70 é stata quella di vedere i giovani per la prima volta come fruitori della moda.
Nascono le tribù, i Beatles, i rockabilly che usano oggetti che non appartengono alla moda e li trasformano in oggetti di moda; per esempio, i jeans e le T-shirts. La moda capisce e si viene a creare uno scambio: i jeans vengono disegnati dagli stilisti
Mary Quant, guarda cosa succede nelle strade e reinterpreta. La sua rivoluzione consiste nell’introdurre un apparente disordine nello stile.
Saint Laurent poi, ha introdotto i pantaloni per donna come capo alla moda; una donna che si veste come un uomo anche perché nella società comincia ad avere un peso economico.
Negli anni ’80 Armani mette la giacca alle donne, il tailleur pantalone; crea un abito per le donne con posizioni importanti in ambito lavorativo”.
Le stiliste donne. Sono state le più rivoluzionarie e hanno spesso anticipato i cambiamenti della società.
“Agli inizi del ‘900 Rosa Genoni, sarta, studiosa dell’arte, insegnante, attivista politica, femminista, ha avuto l’intuizione del made in Italy; cioè che non dovessimo dipendere dalla moda francese, ma produrre una moda “made in Italy” sfruttando la nostra eccellenza del tessile. Affermava che la sartoria era strettamente legata all’emancipazione delle donne e che apparteneva loro di diritto.
Krizia è stata straordinaria. Lei si identificava con la moda che creava, rendendo protagonista la donna che rompe le regole, libera, capricciosa, colta, ma frivola.
Le nuove generazioni, diverse dalle precedenti nel corpo, formate da diverse etnie, hanno spinto la moda ad interrogarsi sul modello unico di genere, ad affrontare il problema ecologico, la sostenibilità e l’eticità dei prodotti.
Oggi le persone si riconoscono per stili di vita e comunanze di interessi e non per età. Ciascuno si veste come il gruppo a cui appartiene nella società e in questo modo è rassicurata. Gli stilisti hanno testimonials di 80, 90 anni!
La pandemia ha infine spinto verso il vintage e all’apertura degli armadi delle nonne”.
Daniela Hamaui Laureata in Lettere all’Università Statale di Milano nel 1978, ha conseguito la specializzazione all’Istituto per formazione al giornalismo di Milano. Ha iniziato a scrivere per la Repubblica, Corriere della Sera e per le pagine culturali de Il Sole 24 ORE. Nel 1995 è diventata direttrice del mensile Cento Cose, edito da Arnoldo Mondadori. Nel 1996 è stata chiamata al Gruppo Editoriale L’Espresso per partecipare alla progettazione del supplemento femminile D – la Repubblica delle donne, di cui è stata direttrice dalla sua prima uscita, nel maggio 1996, fino al febbraio 2002, quando è passata a dirigere L’Espresso. Dal luglio 2010 ha ricoperto il ruolo di direttore editoriale dei periodici de la Repubblica. Dal primo di settembre 2012 al novembre 2015 è stata di nuovo direttrice di D di Repubblica. Dal maggio 2017 al novembre 2018 ha diretto il settimanale Vanity Fair.
Il video è tuttora on line sulle pagine Facebook ttps://www.facebook.com/Milanolacittadelledonne
https://www.facebook.com/unionefemminile