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‌ GRAZIE RAGAZZI di Riccardo Milani

Il carcere è uno spazio chiuso che toglie la libertà. Il Teatro è uno spazio chiuso che libera la mente.

A fondere le due dimensioni ci pensarono anni fa Paolo e Vittorio Taviani col magnifico “Cesare deve morire”, autoriale e sperimentale. Ora lo fa Riccardo Milani, ovviamente col tono da commedia che gli si addice, guardando a una commedia francese “Un Triomphe” di Emmanuel Courcol, basata a sua volta sul documentario “Prisonnier de Beckett”, sull’esperienza come insegnante di teatro in carcere di un attore svedese.

Milani, con il sempre perfetto Antonio Albanese nel ruolo di Antonio Cerami un attore semidisoccupato costretto a doppiare film porno, il quale viene coinvolto in un progetto ministeriale di recitazione destinato a un gruppo di detenuti nel carcere di Velletri.

Recalcitrante all’inizio, Antonio -dopo i primi risultati- decide di proporre la messinscena di “Aspettando Godot”, suo cavallo di battaglia del passato, con la convinzione che nessuno possa interpretare l’attesa quando un carcerato, il quale vive aspettando. Seguendo l’andamento della commedia francese a sfondo sociale alla base, Milani lavora in “ascesa” facendo lievitare la storia.

Infatti, il Godot carcerario non solo sarà un successo in un piccolo Teatro romano, gestito dall’amico di Antonio (Fabrizio Bentivoglio), ma con l’appoggio della direttrice del carcere (Sonia Bergamasco sempre raffinata) andrà in tournée in vari Teatri dell’Umbria e della Toscana, fino ad approdare al prestigioso Teatro Argentina romano. Con una sorpresa finale che lo strappa alla retorica dei buoni sentimenti e lo mette in una prospettiva più realistica, problematica e forte.

Perché il Teatro libera, ma l’anelito alla libertà può diventare primordiale ancor prima che culturale. E lo scontro fra ragione e istinto, fra cultura e natura (umana) diventa così la forza e il lato più interessante di questo bel film riuscito, popolare, indirettamente più esplicativo di tanti saggi sul tema. Perché mostra i volti ( bravissimi i 4 detenuti di Vinicio Marchioni, Giacomo Ferrara, Giorgio Montanini, Andrea Lattanzi) di chi è messo in “gabbia”,  privato di tutto il suo mondo esteriore, riflesso e parte integrante di quello interiore.

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