Siamo nel pieno della campagna vaccinale che procede a ritmo sostenuto in tutta Europa, con vaccini di nuova generazione, a Rna come Pfizer e Moderna, o a vettore adenovirale come AstraZeneca.
L’euforia di avere a disposizione vaccini efficaci e sicuri a poco più di un anno dalla comparsa del Covid-19 è in questi giorni messa alla prova dalla notizia di alcuni casi, rari ma molto gravi, soprattutto di donne di età compresa tra i 20 e i 55 anni, che dopo la vaccinazione con AstraZeneca hanno sviluppato un quadro clinico complesso caratterizzato da diminuzione delle piastrine e trombosi venose in vari siti, compreso il cervello. Due studi appena pubblicati sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine aiutano a fare chiarezza. Questi studi hanno caratterizzato le complicazioni in undici soggetti tedeschi e austriaci e cinque norvegesi, prevalentemente donne.
I dati dimostrano che i sintomi (difficoltà respiratoria, dolore al petto, forte mal di testa, dolore addominale persistente, vista offuscata, vertigini, comparsa spontanea di lividi) compaiono da cinque a 20 giorni dopo la vaccinazione, e correlano con la produzione di anticorpi contro un normale componente del nostro organismo, una proteina prodotta dalle piastrine che si chiama FP4. Questi auto-anticorpi patologici si legano a FP4, attivano le piastrine provocando una catena di eventi che portano alla trombosi. Sulla base di alcune importanti caratteristiche e della probabile associazione col vaccino, questa sindrome è stata denominata trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino (Vitt è l’acronimo inglese). Si tratta quindi di una sindrome nuova, mediata da auto-anticorpi, molto diversa dalle classiche trombosi venose profonde che hanno altre cause e non aumentano il rischio di ammalarsi di Vitt.
A oggi, casi di trombosi con caratteristiche di Vitt sono stati riportati in diversi Paesi europei, ed Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) ne ha suggerito il legame causale con il vaccino AstraZeneca. Anche Aifa (l’Agenzia italiana per il farmaco) ha sostenuto questa correlazione e ha proposto che in Italia il vaccino AstraZeneca sia riservato a soggetti di età superiore ai 60 anni, allineandosi almeno in parte con il limite imposto in altri Paesi europei. La situazione rimane ancora confusa, sia perché Aifa ha solo raccomandato, e non obbligato, la limitazione d’età, sia perché la frequenza e le caratteristiche della sindrome sono ancora poco definite. La buona notizia è che esiste una terapia per curarla, quando diagnosticata precocemente: infusione di Immunoglobuline ed anticoagulanti non eparinici. L’Italia è stata leader nella identificazione precoce della complicazione post-vaccino e del suo trattamento. Il gruppo di esperti in coagulazione, diretti dalla professoressa Rossella Marcucci dell’Università di Firenze, ha identificato uno dei primi casi italiani di Vitt grazie a particolari saggi di attivazione piastrinica sviluppati appositamente, che hanno permesso di mettere a punto la strategia terapeutica di elezione.
È ora necessario che gli ospedali ricevano indicazioni precise su come riconoscere e trattare questa sindrome, e che i medici vaccinatori siano allertati ed informati per incoraggiare i soggetti vaccinati a chiedere assistenza medica se dovessero insorgere i sintomi caratteristici. Solo così si potrà trattare tempestivamente la possibile trombosi post-vaccino.
La raccomandazione di limitare l’uso del vaccino AstraZeneca alle persone al di sopra dei 60 anni è stata dettata da evidenze medico-scientifiche condivisibili per diversi aspetti:
Questa la situazione ad oggi, che ci indica con chiarezza che la strategia vaccinale di un Paese deve tener conto della salute pubblica oltre che di quella del singolo individuo e deve poter cambiare rapidamente a seconda delle disponibilità di mezzi e di nuove conoscenze.
Per vincere la partita con il virus è necessario non solo cambiare marcia e velocizzare la campagna di vaccinazione, ma anche modificare l’approccio comunicativo. Abbiamo bisogno di una informazione basata su dati scientifici, chiara e trasparente per contrastare il crescente disorientamento nella popolazione. I dati disponibili agli organismi competenti potranno cambiare ancora, e di conseguenza potranno nuovamente modificarsi le indicazioni. Solo lo sforzo congiunto degli enti regolatori e di una comunicazione comprensibile e veritiera manterrà la fiducia nella strategia vaccinale garantendo di raggiungere il risultato sperato nel minor tempo possibile.
Da “Corriere della Sera” – 15 aprile 2021