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Parliamo di Long COVID

Così come per altre infezioni virali ad andamento pandemico, anche per l’infezione da COVID 19 si assiste alla persistenza di sintomi dopo la negativizzazione della malattia.

Non avendo dati pregressi su questo virus, dobbiamo cercare di essere da un lato attenti a quello che le maggiori istituzioni ci trasmettono, dall’altra riferire al nostro medico curante qualunque alterazione o sintomo correlabile alla pregressa infezione affinché possa indicarci le migliori azioni da intraprendere per ridurre i sintomi e rassicurarci.

Attualmente la letteratura scientifica definisce questa sindrome post virale in due modi differenti a seconda del tempo di comparsa e persistenza:

  • se i sintomi si presentano tra la quarta e la dodicesima settimana dalla fase acuta si parla di Covid 19 sintomatico subacuto;
  • se tali sintomi si presentano anche dopo la dodicesima settimana dalla malattia acuta si parla di Covid 19 cronico o sindrome post-Covid 19 o come ormai più frequentemente sentiamo dire Long Covid.

Quali sono i sintomi di questa sindrome? Sicuramente il più diffuso è la stanchezza, seguita dalla perdita di olfatto e gusto. Inoltre, molti pazienti riferiscono di avere “una nebbia mentale” con problemi di memoria e di concentrazione che possono limitare notevolmente la vita lavorativa e di relazione.

Vi sono poi molti altri sintomi generici o organo specifici che vanno dall’affanno, alla tosse, a disturbi del sonno e così via.

I medici curanti sono allertati attorno a questo problema che colpisce secondo i dati più recenti circa il 50% dei guariti e in molti ospedali sono stati organizzati ambulatori specifici per il monitoraggio e la cura di queste persone.

La durata dei sintomi, dai dati di uno studio su 4000 pazienti pubblicato su Nature Medicine è di più di 28 giorni nel 13% dei guariti, di più di 8 settimane nel 5% e di più di 12 settimane nel 2%.

Se ne deduce che il problema è rilevante, richiede lo sviluppo di studi prospettici di monitoraggio, con stratificazioni per età, gravità dell’infezione pregressa, fattori di rischio, ma anche di genere.

L’incidenza dei sintomi post Covid sono stati solo parzialmente analizzati secondo il sesso dei pazienti. Quello che emerge è che le donne sono affette da sindrome post Covid con rapporto 2:1, in particolare tra i 40 e 60 anni. Tale differenza si estingue nelle persone più anziane rimanendo pero’ l’eta avanzata e un alto indice di massa corporea fattori di rischio per l’insorgenza di Long Covid. Sono segnalati casi anche in età pediatrica, ma non sembra vi siano differenze tra bambine e bambini.

In un articolo comparso recentemente sull’ Italian Journal Gender-Specific Medicine vengono analizzate le possibili cause di questa specificità delle donne di avere persistenza dei sintomi indipendentemente dalla severità dell’infezione pregressa. Da un lato si ipotizza la responsabilità di un’eccessiva risposta infiammatoria attivata dal virus con conseguente danno tissutale agli organi, dall’altro un’anomala reazione autoimmune indotta dal virus stesso. Infatti sembra che il virus possa avere nella sua struttura elementi in comune con alcuni componenti dell’organismo       (reazione chiamata mimetismo molecolare), ciò determinerebbe una reazione abnorme del sistema immunitario, che, nel tentativo di eliminare il virus, aggredisce per errore anche organi e tessuti del proprio corpo, danneggiandoli. Questo potrebbe spiegare il fatto che le donne sono più soggette a sindrome post Covid in quanto la reazione immunitaria nel sesso femminile è più forte sia per motivi genetici sia ormonali.

Dal punto di vista di genere, da un lato l’insorgenza dell’infezione acuta di Covid si è dimostrata più grave negli uomini, dall’altro la reazione autoimmunitaria più frequente e intensa nelle donne contribuisce in esse a sviluppare maggiormente il Long Covid.

Da ciò consegue, dal punto di vista di sanità pubblica, l’importanza di sistematici e approfonditi studi, già in corso, sulle caratteristiche della sindrome post Covid e delle relative conseguenze sociosanitarie. Per chi volesse avere un quadro più ampio sull’argomento si rinvia al documento redatto dall’Istituto Superiore Sanità stilato nel luglio 2021 “Indicazioni ad interim sui principi di gestione del Long Covid”.

 

 

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