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Dallo sguardo al gesto che cura

Mai come in questa situazione pandemica il problema del genere e delle sue differenze in termini di salute, risposte ai vaccini, condizioni sociali e famigliari, lavorative, economiche, è emerso in tutta la sua consistenza,e con esso la necessità) di diffondere una cultura che è lungi da essere applicata  diffusamente nel mondo scientifico e sanitario. Va sottolineato che già nel 1988 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), definisce la medicina di genere “lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona” e invita Nazioni e Organizzazioni Internazionali a valutare meglio i fattori di rischio che influenzano la salute delle donne; li stimola  a sviluppare strategie di prevenzione per diminuire l’impatto delle malattie che in modo sproporzionato colpiscono, in particolare le donne anziane, come la malattia coronarica, l’osteoporosi e la demenza.

Da allora, in particolare in Italia, sono stati fatti importanti passi in avanti soprattutto con la approvazione di una legge che ha sancito la struttura e le applicazioni della medicina di genere.   Il Gruppo donne di Yos Salute Cultura Diritti (gruppo formatosi di recente che si occupa di politica e cultura sanitaria) ha  organizzato Il 29-01 e il 5-2-2022 due webinar intitolati ‘Genere e sindemia-Lo sguardo che cura’ e ‘Genere e sindemia-Il gesto che cura’.Tra le numerose iniziative vogliamo segnalare questi due incontri perché hanno fornito uno sguardo attento e approfondito sul significato  del termine genere. E’ stato chiarito come esso comprenda tutte/i  donne e uomini, ma per quanto riguarda le prime, porta all’evidenza il cammino che deve essere fatto ancora, e il cambiamento culturale da attuare, affinchè si arrivi ad un’equità di cura per le donne, che vada dalla prevenzione alla diagnosi alla terapia; equità di cura che tenga conto di tutti i parametri  associati strettamente ad essa: ambientali, economici, sociali, stratificati per classi di età. L’Italia è, dal punto di vista politico all’avanguardia rispetto alla medicina di genere. Esiste una legge (DDL Lorenzin 2018) che nell’ art.3 (prima firmataria l’On. Paola Boldrini) sancisce per la prima volta l’Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale, prevede un Piano formativo, volto a garantire la conoscenza e l’applicazione dell’orientamento alle differenze di genere nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura, promuove specifici studi presso i corsi di laurea delle professioni sanitarie, nonché nell’ambito dei piani formativi delle aziende sanitarie, con requisiti per l’accreditamento nell’educazione continua in medicina. Tale legge istituisce, inoltre, un Osservatorio nazionale che ha il compito di monitorare le attività a livello centrale e regionale, individuare indicatori specifici di monitoraggio e proporre azioni di miglioramento sulla base anche dei dati raccolti (v.Donnein.net – Osservatorio Nazionale sulla medicina di genere: un salto in avanti-Aprile 23, 2021).

Nei due incontri promossi da Yos è emerso potentemente come sia più corretto parlare di sindemia, termine che esprime la multidimensionalità di un fenomeno, non circoscrivibile alle sole componenti organiche, ma piuttosto alla necessità di affrontare un’analisi globale, che contemporaneamente osservi lo stato di salute degli individui e la salute della società dove gli stessi abitano. Le donne hanno pagato il prezzo più alto in termini di perdita di lavoro, o lavoro in condizioni difficilissime (v. personale sanitario, badanti, donne in smart working con bimbi piccoli in casa, ecc.), di violenza famigliare, si sono contagiate in percentuale più alta degli uomini pur avendo tassi di mortalità inferiore. Tuttavia, proprio per  differenze legate a fattori biologici, genetici e ormonali presentano percentuali maggiori di sindromi da Long Covid.

Forse mai come in questa pandemia sono emerse le già preesistenti differenze di genere in modo così potente e trasversale in tutti gli ambiti della vita sociale.I temi qui citati sono stati svolti nei due incontri, dall’altro sono emersi anche i tanti problemi e le resistenze che si incontrano nell’opera di cambiamento verso una cultura di genere.

Nelle  Aziende ospedaliere, nelle strutture socio-sanitarie dei territori, presso i medici di medicina generale, l’applicazione dei principi enunciati dalla legge e dai decreti successivi non è frequentemente ottemperata. Negli ospedali, non solo in periodo pandemico, il tempo di ascolto in generale e in particolare di genere è pressoché ridotto ai minimi termini, compresso dal numero esorbitante di prestazioni richieste a fronte di un numero limitato di operatori.

Simile situazione la si trova sul territorio, dove, come negli ospedali, pesa comunque la mancanza di formazione degli operatori ad una medicina genere-orientata. A questo proposito è in via di approvazione un decreto del Parlamento proprio sulla formazione che ha due ambiti di applicazione: il primo come Piano formativo universitario per la preparazione degli operatori futuri e il secondo rivolto ai professionisti già in campo. La riflessione sulla medicina di genere e sulla possibilità che essa diventi lo sguardo e il gesto appunto della medicina del futuro prossimo è molto complessa poiché comprende acquisizioni innovative nella formazione non solo dei medici e degli infermieri (a loro volta portatori e portatrici di differenze di genere), ma anche di tutte quelle figure che lavorano nei luoghi di cura, come ad esempio gli amministrativi, i tecnici ecc. 

Qui in Italia si è avuta, prima degli altri, una coscienza e una consapevolezza riguardo al genere e ciò ha portato alla costruzione di una struttura concreta e autorevole e la possibilità di avere dati disaggregati per sesso ed età (l’Italia è tra i 6 paesi al mondo in cui ciò è stato possibile). Oltre a questo contano però le persone: la loro forza e la loro determinazione a operare per rendere possibile un nuovo modo di vedere nel prendersi cura della persona, femmina o maschio o altro che sia.

 

 

 

 

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