C’è un gran vociare sulle conseguenze della pandemia da covid 19 che incuriosisce, allerta e disorienta; riguardano una miriade di argomenti, dalla solitudine al languishing, dall’incertezza alla depressione, dal crescere delle diseguaglianze alla great resignation, dalle tecnologie e intelligenza artificiale agli effetti economici, sociali, sanitari. E altri ancora.
Al campo sanitario si riferiscono le riflessioni su “Telemedicina e Intelligenza artificiale” pubblicati in Monitor (rivista semestrale Agenas, n. 46, 2021) nei cui articoli è ampiamente condivisa l’idea di ripensare l’organizzazione del Servizio sanitario nazionale, il suo ammodernamento e innovazione anche digitale. Vi si legge che la pandemia ha accelerato questa necessità: “Insomma, dietro questa grande emergenza si intravvedono anche opportunità uniche per rendere i servizi sanitari e socio-sanitari in linea con i tempi e le necessità individuali dei cittadini/pazienti”.
Spinti dalla convinzione che l’impiego delle tecnologie avranno un posto centrale, gli autori scrivono: “Con questa nuova pubblicazione, intendiamo aprire una finestra sul mondo della telemedicina e dell’intelligenza artificiale, che già oggi svolgono una funzione importante e sempre di più caratterizzeranno il futuro dei servizi sanitari e socio-sanitari offerti”.
A dimostrare l’importanza di questa tesi nella rivista si cita l’iniziativa della Commissione, promossa da due importanti media internazionali quali Lancet (una rivista scientifica) e Financial Times, che si interroga sul futuro della salute nel 2030 e sull’impatto che il mondo digitale avrà su di essa.
“Telemedicina” e “intelligenza artificiale” sono termini entrati nel linguaggio comune già da anni, ma di recente hanno assunto una nuova centralità. E Monitor, dedicando un numero all’utilizzo di queste tecnologie, compie una scelta che segnala una rottura rispetto al passato. L’Intelligenza artificiale (IA) e le tecnologie sono in grado di fornire a coloro che gestiscono i servizi sanitari enormi miglioramenti per quanto riguarda la gestione del paziente, la diagnostica, l’ottimizzazione di trattamenti.
I contributi sollevano riflessioni utili e altrettanti interrogativi. Partirei con il segnalare il saggio che parla delle diverse definizioni della telemedicina a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, fino alla medicina digitale, quando nel 2017 l’Organizzazione mondiale della sanità introduce il concetto di digital health, termine che comprende l’e-health.
Con l’avvento di internet e del digitale, assistiamo a un cambiamento molto importante nella medicina; alcuni contributi parlano del passaggio da un sistema centrato su medici e istituzioni a uno che mette al centro il paziente e le nuove tecnologie. “L’integrazione tra telemedicina e intelligenza artificiale consente di ripensare alle soluzioni che sono offerte tradizionalmente nei percorsi di cura”.
Non mancano, tuttavia le riflessioni etiche sull’uso di queste tecnologie, per esempio quelle riguardanti l’uso dei dati dei pazienti e le modalità con le quali possono essere prese alcune decisioni cliniche. Si sottolinea che “Per fare questo grande passo è soprattutto necessario una partecipazione attiva del paziente nelle scelte e modalità di cura più adatte alle sue esigenze”. Dunque non una contrapposizione tra medico e tecnologia, ma piuttosto un’opportunità per costruire soluzioni insieme.
Ma siamo avvertiti che “C’è un lato oscuro in tutte le cose, ed è noto che anche le tecnologie migliori possono innescare processi che portano con sé conseguenze inattese e negative, a volte proprio in virtù della loro efficacia ed efficienza”.
Innanzi tutto la protezione dei “dati sanitari” che potrebbe essere usati per altre finalità per cui “gli individui che generano tali dati dovrebbero sapere per cosa saranno utilizzati i loro dati al momento della raccolta”.
Altro elemento fondamentale è “Comprendere cosa guadagniamo e cosa perdiamo” poiché all’efficienza e alla standardizzazione delle pratiche può corrispondere il depotenziamento “del ragionamento e della pratica medica che si ritiene siano (..) preziose”.
La rivoluzione digitale pone dunque molte sfide etiche che devono essere prese in considerazione e affrontate. Occorrono delle protezioni e delimitazioni precise dei modelli digitali. In Europa ci sono – a livello legislativo – cantieri aperti (Digital Service Act, Digital Maerket Act, Artificial Intelligent Act) aventi lo scopo di definire una società digitale europea coerente con le radici etiche e costituzionali e quindi di natura regolatoria. Al contempo l’obiettivo è quello di sviluppare il dialogo, a livello geopolitico, con interlocutori che si muovano lungo traiettorie molto diverse e spesso divergenti. Si pensi al modello auto-regolatorio statunitense basato su l’antitrust, a quello cinese dirigistico e basato sul capitalismo di stato.
I problemi che la rivoluzione digitale ci chiede di affrontare riguardano le persone, le relazioni con le istituzioni e l’essenza della vita comunitaria e ciò richiede un disegno generale – un progetto – per il prossimo futuro, affinché questa tecnologia rispetti i valori sopra citati e sia uno strumento di vero progresso.