(Abstract) Il testo integrale è reperibile sul sito www.medicinademocratica.org.
Questo contributo esprime il punto di vista di una cittadina portatrice del diritto alla salute che desidera trovare risposta in un servizio sanitario pubblico che assicuri una tutela universalistica della salute come bene individuale e collettivo, tale da garantire i livelli essenziali di assistenza. Mi unisco all’appello di quanti vedono nel servizio sanitario pubblico un bene comune e da trasmettere di generazione in generazione.
La pandemia ha fatto emergere tutta la centralità per il bene individuale e della società. Ma essa ha reso più evidente la necessità di guardare al reale funzionamento del modello di organizzazione della sanità, alla sua capacità di effettiva risposta al diritto alla salute, ai suoi costi di funzionamento e ai suoi limiti.
Ciò è ancora più necessario in Lombardia dove il sistema sanitario rappresenta un caso particolarmente avanzato del cosiddetto modello di “quasi mercato”, ma ne sta rivelando anche i problemi e le controindicazioni al fine di perseguire obiettivi di natura equitativa con efficacia, efficienza e appropriatezza. I cittadini ne vedono le manifestazioni attraverso la progressiva riduzione delle tutele del diritto alla salute in regime universalistico e la crescente offerta di servizi sanitari destinati solo a chi può acquistarli. Il cosiddetto modello “misto di quasi mercato regolato dalla concorrenza tra erogatori”, si è tradotto in un modello in cui sono i cittadini a dover competere per contendersi le risorse in regime di SSN. Esse sono sempre più differite nel tempo e sono distribuite nello spazio in modo non equo. Tra queste risorse ci sono indubbiamente dei punti di forza, come gli ospedali e la medicina per acuti, ma anche delle gravi debolezze, note da più di un decennio, che riguardano la medicina territoriale, la prevenzione e il declino dei distretti, quali strumenti organizzativi dell’apparato pubblico per realizzare i servizi sul territorio. I cittadini inoltre percepiscono i rischi della elevata dipendenza dai mercati della sanità (nazionale e internazionali) da parte di un sistema sanitario come quello lombardo, che è sovraesposto rispetto alle altre Regioni nei confronti degli erogatori privati. Infatti produce i servizi in convenzione con il SSN attraverso operatori pubblici e provati accreditati e contrattualizzati, nonché l’accesso al mercato diretto per gli stessi operatori privati che sono accreditati e si rivolgono ai paganti, alle assicurazioni e ai fondi.
È da queste ragioni che nasce la pressione per rafforzare il servizio sanitario pubblico e la sua componente fatta di erogatori pubblici, nella convinzione che, solo con un solido assetto e rilancio dell’impianto della sanità pubblica e della sua offerta è possibile una integrazione positiva degli erogatori provati contrattualizzati, stabile nel breve e nel lungo periodo.
La pandemia di covid 19 ha duramente messo alla prova i servizi sanitari di tutte le Regioni italiane, ma in Lombardia la situazione è più complessa e delicata poiché coesistono contemporaneamente quattro problemi da affrontare (vedi 1.1)
Le tesi qui sostenute sono:
L’ipotesi qui sostenuta è che sia stata la pandemia a far scoppiare la crisi della sanità in Lombardia, ma che già alla fine del 2019 ci fossero tutti gli elementi per trarre un bilancio negativo su vari aspetti del SSL, soprattutto sulla sanità territoriale (vedi 1.4).
La situazione della sanità lombarda è in evoluzione e questa riflessione vuole essere un contributo rispetto agli eventi che si sono verificati al 31 marzo 2021.
I sistemi sanitari come quello della Lombardia sono per la compresenza di erogatori pubblici e privati e perché sono frontiere di avanzate tecnologie mediche e di ricerca che coinvolgono una moltitudine di soggetti economici con interessi e obiettivi confliggenti, che operano con il soggetto pubblico. Quest’ultimo deve gestire il mix pubblico/privato creando le condizioni per non mettere in crisi un patrimonio pubblico, quale il servizio sanitario, che è il frutto di un investimento fatto dalla collettività nel corso del tempo e in cui si sono sedimentati obiettivi di tutela tuttora pienamente validi.
Per queste ragioni ora il baricentro del Servizio Sanitario lombardo deve essere spostato dagli “interessi” verso i “diritti alla cura” e per farlo occorre analizzare la realtà dell’offerta dei servizi con chiavi di lettura nuove (vedi 3.1), privilegiare alcuni principi di riferimento (vedi 3.2) e guardare all’Unione Europea mettendo a fuoco quali sono le sue competenze attuali in materia di tutela della salute (vedi 3.3). Sono gli stati membri ad essere responsabili di offrire ai loro cittadini, anche con l’aiuto dei finanziamenti europei, il sistema sanitario che tuteli il loro diritto alla salute (art 35 Carta dei diritti)
Anna Tempia, laureata in economia alla Bocconi di Milano ha svolto attività di ricerca in campo sociologico e di insegnamento. Ha collaborato con l’Università Bocconi e come professore a contratto, con l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Recentemente ha curato “Vivere nel tempo. Riflessioni sull’invecchiamento” (Sandro Teti Editore, Roma 2020)