Sono un’anziana non sono una robot
Le curiosità e le domande sul deficit tecnologico (e sull’analfabetismo digitale) degli anziani si fanno più numerose e frequenti; in molti indagano e cercano di capire le interazioni tra le tecnologie e le persone anziane.
Ci può aiutare a capire e a soddisfare le nostre curiosità il lavoro di una studiosa americana (Dafna Burema, AI & Society, vol. 37, 2022) che ha analizzato 96 pubblicazioni accademiche per verificare come sono rappresentati gli adulti anziani negli studi, analisi e progettazione nel campo della interazione robot essere umani (human-robot- interaction – HRI).
La domanda centrale della sua indagine è: come sono rappresentati gli adulti anziani nel campo della human-robot-interaction (HRI)? Si tratta di un’analisi del contenuto di 96 pubblicazioni accademiche che progettano o studiano un robot o un sistema robotico nell’ambito dell’assistenza agli anziani.
Questa analisi svela una “visione esistenzialista” afferma l’autrice. I vecchi sono rappresentati come fragili, disagiati, silenziosi e tecnologicamente analfabeti. Gravosi e problematici per la società. Ovvero, la ricerca nel campo della human-robot-interaction – HRI – tratta i vecchi come se avessero queste caratteristiche intrinseche, come se ciò facesse parte della loro essenza umana in quanto vecchi. Infatti, nelle pubblicazioni analizzate, gli anziani sono visti essenzialmente come persone non in grado di partecipare socialmente, con delle perdite nella salute, nella mobilità e nelle funzioni cognitive e mentali.
Dato il modo in cui sono rappresentati i vecchi (nelle 96 pubblicazioni analizzate) si capisce che l’obiettivo dei robot nell’assistenza agli anziani è quello di dare la possibilità agli anziani di “migliorare” sé stessi. I robot dovrebbero alleviare gli aspetti “gravosi” dell’invecchiamento aumentando l’indipendenza e l’attività dei loro utenti anziani. Quindi, il principale obiettivo è fare in modo che i vecchi accettino l’uso di questi robot.
La tesi dell’articolo è che questa è una narrazione intrinseca nel mondo della ricerca e molto diffusa nella ricerca che studia l’interazione robot-uomo ed è una “narrazione ateista e neo liberale. Gli adulti anziani sono ridotti a potenziali destinatari di cure in modi che si possa spostare le responsabilità di cura dallo stato sociale all’individuo”.
L’articolo non spiega l’origine di questo problema, se sia dovuto ai ricercatori stessi o al tipo di ricerche; l’idea però è che la ricerca in questo settore sia alimentata da una ideologia neo liberale.
L’invecchiamento è rappresentato come una deriva intrinsecamente problematica; con l’aiuto delle “tecnologie abilitanti” si immagina che l’individuo sia in grado di affrontare da solo l’età avanzata, allontanando così le responsabilità di cura dallo Stato sociale. Un anziano attivo, anche se con l’aiuto delle tecnologie, è un anziano non intrusivo che non richiede troppo aiuto da parte di chi si prende cura di lui o di lei e dello Stato ed è, quindi, poco costoso.