Qualche divertente riflessione delle amiche del blog “J’ai piscine avec Simone” sul tempo sprecato in gioventù per cercare di essere sempre all’altezza, brave ragazze, desiderabili, accettate, ammirate e via così…. Ecco cosa bisognerebbe sapere a 25 anni sulla base dell’esperienza dei nostri……………. anta
Assomigliare agli altri rende invisibili: È molto rassicurante quando si è giovanissime potersi confondere nel “mood” di una generazione. Ma davvero condividevamo i valori comuni a tutte quelle che ci erano coetanee? No di certo. D’altronde la gerontologa Tracy Gendron spiega che bisogna separare l’invecchiamento dall’età e che dobbiamo cogliere le opportunità della vita a prescindere dalla generazione alla quale apparteniamo e in questo modo continuare a sentirci parte della società.
L’amore non fa rima con ‘per sempre’: Avrei voluto sapere da giovane che la mia vita non sarebbe dipesa dallo sguardo di un uomo. Ma è più facile capirlo da adulte e io credo che i dati che ci dicono che la maggior parte dei divorzi avviene dopo i 50 su iniziativa delle donne, lo spieghi bene.
Imparare a dire “no” è una questione di emancipazione: Gli altri non ci avrebbero amato di meno se avessimo detto più “no” e se non fosse così, avremmo risparmiato tempo perché sapere chi sono gli amici veri e su chi si può contare è una fortuna. Bisogna fregarsene degli altri.
Il no impressiona, argomentarlo e difenderlo sembra un salto nel vuoto senza precauzioni. “La prima volta che ho detto “no” nel corso di una riunione mi sono sorpresa dei segni di approvazione degli altri. Davo voce al dissenso degli altri silenziosi. Diventavo una porta voce”.
La mia personalità e la mia femminilità non devono essere valutate e non dipendono dallo sguardo dei maschi: Come esempio del patriarcato di cui è pervasa la società, prendiamo quello delle ragazze che durante la ricreazione a scuola, stanno ai bordi del cortile, mentre i maschi ne occupano il centro giocando a football. Un contesto che struttura i codici della femminilità dalla più giovane età, e si manifesta come un legame di dipendenza dal quale ci si affranca solo invecchiando, quando si ritrova la propria libertà di essere.
Il sociologo Pierre Bourdieu utilizza il concetto di “capitale simbolico” per descrivere il modo in cui le norme di genere possono essere utilizzate per dare o negare il riconoscimento sociale. Le donne sono spesso giudicate in funzione della loro apparenza fisica e della loro aderenza alle norme del femminile. E così ottengono una quota di “capitale simbolico” più o meno elevata nella società.
Affamare il corpo non rende più desiderabili
Si è desiderabili anche se non si indossa una taglia 38. E anche se si è pronte a ogni sacrificio per la prova costume, lasciatemi dire che l’essere desiderabili è seducenti significa ben altro di più importante e meno evidente: intelligenza, humor, postura…Quel “non so che” che cattura lo sguardo e ci rende irresistibili a prescindere dal nostro peso, dalle nostre rughe e dal colore dei nostri capelli.
Il senza filtro è un valore aggiunto: Non ci si riferisce ai filtri fotografici, ma alla libertà di espressione alla quale per troppo tempo abbiamo ritenuto di non avere diritto. Piacerà se agirò in questo modo? perché il bisogno di sentirsi accettati spinge a favore del consenso. Carol Ryff de l’Istituto di Invecchiamento di Madison, enuncia tra i 6 fattori che contribuiscono allo sviluppo e al benessere personale, proprio l’autonomia, nel senso di avere fiducia nelle proprie opinioni anche se sono controcorrente rispetto al pensiero dominante.
Cambiare prospettiva vince la paura: L’età mi ha insegnato a diventare una esperta di “tattiche di avvicinamento”. Scalare la parete nord dei nostri obiettivi è fonte di ansia, mentre l’elaborazione di strategie dei piccoli passi è meno ansiogeno. Quando ho messo in piedi questo blog dedicato all’invecchiamento delle donne “J’ai piscine avec Simone” non ho seguito corsi, modelli di business, studiato tavole sinottiche, ma ho adottato il metodo dei piccoli passi. È più lungo ma più sostenibile per le nostre ansie. A 25 anni di certo avrei seguito corsi su corsi perché non mi fidavo delle mie capacità di autodidatta. Bisogna seguire l’intuito e i programmi sono fatti per essere cambiati.