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Casa mia casa mia…

 

A parte quelle di noi che stanno aspettando la fine della pandemia per cambiare vita, casa, città, nazione e forse continente, le altre dovranno prima o poi pensare al proprio futuro abitativo. Non facciamo gli scongiuri, perché la scaramanzia non aiuta nei progetti che invece noi dobbiamo fare, non solo perché avere un progetto è stimolante, ma perché è necessario non farsi sorprendere dalla vecchiaia, ma gestirla laddove ci è consentito: capire dove vogliamo vivere o possiamo vivere questa fase della vita è uno degli aspetti da analizzare.

Da tempo si sente parlare di “nuove forme dell’abitare” per gli anziani e immancabilmente vengono citati gli esempi di cohousing, di condominio leggero o sociale, di residenze e di RSA.

Leggiamo, studiamo, valutiamo, ma “mandiamo in là la palla” come si dice in gergo calcistico, perché a casa nostra stiamo bene in genere ed è qui che vorremmo restare per sempre. Ma siamo sicure che sia la scelta migliore per noi anche in considerazione delle diverse situazioni che ci stanno intorno?

Donne IN dedicherà qualche puntata di approfondimento a questo tema per aiutarci a riflettere.

Lo studio di SHARE, fornisce una banca dati molto interessante sulla situazione delle famiglie in Europa con un preciso riferimento alle cure informali e cioè a quell’assistenza che sta a cavallo tra l’aiuto di cui potremmo avere bisogno e la relazione affettiva che manteniamo con i nostri familiari e amici.

Cominciamo dalla divisione tra società familistiche (sud Europa) e società non familistiche Nord Europa): la situazione italiana è simile a quella spagnola, mentre si differenzia di molto da quella del resto d’Europa.

Il ruolo prioritario nel fornire assistenza è dei figli (poco presenti invece generi e nuore e sposi/partner) seguito da quello dei vicini di casa e degli amici. E sono sempre i figli che rientrano nella categoria dei “caregiver” quando l’età avanza e l’assistenza diventa imprescindibile.

Al Nord Europa la presenza di vicini di casa e amici è molto vicina a quella dei figli proprio per la struttura delle relazioni molto diversa dall’Italia. In Italia i figli telefonano molto spesso ai genitori (la ricerca precisa “la mamma”) e vivono spesso “in zona” perché lo scambio di aiuto reciproco è molto frequente sia rispetto ad un reale sostegno dei bisogni abitativi/economici dei figli adulti che rispetto al ruolo di “nonni” che in Italia viene svolto dagli over 65 nella misura del 41% rispetto al 15% che è il dato medio europeo.

Ma anche in Italia le cose stanno cambiando: noi baby boomers abbiamo avuto meno figli, li abbiamo avuti in età più avanzata del passato e quindi i nostri figli a loro volta hanno figli in giovane età che richiedono le loro cure prioritarie. Risulta ancora molto forte il senso di responsabilità che i figli cinquantenni nutrono rispetto all’assistenza dei loro genitori, ma il dato ci dice che li senso di responsabilità sta diminuendo o per lo meno viene percepito in modo meno forte. Siamo noi nuovi anziani che trasmettiamo un senso di maggiore autonomia e indipendenza? Si sono affievoliti i legami familiari anche in Italia? I nostri figli hanno meno disponibilità nei nostri confronti perché vivono, a loro volta, situazioni di maggiore difficoltà economica/lavorativa/familiare? Sono migliorati i servizi domiciliari forniti dalle istituzioni e quindi i figli ci sentono ben seguiti da altri?

Questo ultimo aspetto, l’assistenza domiciliare appunto, rappresenta la chiave di lettura dei dati che riguardano gli altri Paesi europei poiché al minor aiuto offerto dai figli corrisponde un significativo aumento della qualità e quantità dell’assistenza domiciliare offerta dalle istituzioni. Indagheremo se anche in Italia la situazione sta cambiando e se noi potremo affidarci ad un sistema assistenziale di qualità e al di fuori del sistema familiare.

E’ di fondamentale importanza lo stato delle “cure formali” fornite dal sistema socio sanitario assistenziale, nel momento in cui decidiamo la costruzione del nostro futuro abitativo. Noi viviamo oggi l’urgenza del nostro progetto abitativo/assistenziale e quindi guardiamo con una certa insofferenza le proiezioni a 10 20 anni: è oggi che i numeri degli over 80 sono già molto significativi, è oggi che va migliorato il modello di welfare deve garantire maggiore assistenza a domicilio e maggiori posti nelle case di cura ed è sempre oggi che i caregiver familiari devono essere aiutati anche nel mondo del lavoro  con permessi e orari per salvaguardare le fasce economicamente più deboli. Prima del cambio di governo era in discussione un progetto per destinare risorse ai caregiver familiari e speriamo venga sviluppato dal nuovo Esecutivo.

 

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