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8 marzo …ai tempi del coronavirus

Mani consumate dal sapone, termometro sotto l’ascella, scorta di fazzoletti di carta, bolletta del telefono alle stelle, ripiano pieno di integratori e vitamine e un assortimento di amuleti napoletani, africani, voodo e orientali per tenere lontano il virus.

Il nostro 8 marzo sarà così. L’assessore della regione dice che dobbiamo stare “all’occhio” perché siamo a rischio a causa dell’età: lo dice male, in modo volgare, con violenza, quasi a volerci scuotere dal sogno in cui ingenuamente viviamo, pensando di essere donne “attive”, apprezzate per il nostro impegno nella società, di fare parte di quella fetta di popolazione che è solidale, partecipativa, utile e reale sostegno del welfare nazionale. Ma soprattutto, non lo dice, ma gli si legge in faccia, non si sta preoccupando della nostra salute, ma del fatto che la nostra maggiore vulnerabilità non vada ad intasare i letti della rianimazione che sono pochi e che farebbe emergere le carenze della sanità pubblica lombarda, già oggetto di tante critiche per la sua deriva verso la sanità privata.

Ma di questo parleremo dopo l’8 marzo.

Questo è l’8 marzo 2020 delle over 65. E’ dalla fine degli anni ’70 che viviamo l’8 marzo come la nostra festa…. La festa delle donne, di tutte le donne e quindi della maggioranza della popolazione. Allora eravamo ragazze e non pensavamo mai alla nostra vecchiaia. Il femminismo in quanto movimento giovanile, non ha mai dedicato tanto spazio al pensiero dell’invecchiamento delle donne: si è solo regalato la guida e il sostegno di donne più vecchie che hanno trasmesso la loro insostituibile esperienza. Ma il femminismo di allora era per giovani donne. Forse è così anche oggi, anche se noi “anziane di oggi”, siamo quelle ragazze di ieri.

Ma per noi donne “dai molti 8 marzo” e impegnate ad invecchiare responsabilmente e senza tradire il modo in cui abbiamo vissuto, è desolante vedere le istituzioni così grezze nel rivolgersi ad una popolazione di cui non sanno davvero nulla, se non che siamo più fragili. Capiamo bene che impegnati in una perenne campagna elettorale, resta poco tempo per studiare, conoscere, imparare dovendo partecipare a sagre, feste, manifestazioni popolari, ma speravamo che una regione come la nostra mettesse a disposizione degli Assessori qualche libro e qualche esperto. Noi stiamo in casa ok e poi? Spesa, terapie, medicine, compagnia, distrazioni e chiacchiere che allontanino la paura della malattia? Come la mettiamo? Lo sanno o no che in maggioranza viviamo da soli, anzi da sole? Lo sanno che pochi di noi usano il PC per fare la spesa? Lo sanno che molti di noi hanno pensioni basse? Lo sanno che molti di noi si occupano dei loro nipoti e dei loro malati? No, non sanno ancora nulla di noi se non costi, statistiche e numeri che non leggono, sennò saprebbero quanti siamo.

Quindi, come dicono le donne nelle piazze l’8 marzo…

“se non ora quando?”

 

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