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Denatalità e violenza contro le donne: un legame c’è

Più violenza, più richiesta di aiuto e più fasce di età coinvolte. Non si sa mai se rallegrarsi quando vediamo che aumentano le donne che chiedono aiuto, perché se da un lato significa che il numero 1522 funziona, dall’altro significa che la ferocia e la crudeltà si allargano.

Se non fosse che la denuncia sui dati della denatalità in Italia, prende spunto solo da una preoccupazione di ordine economico e non dal malessere che sta dietro questa rinuncia alla maternità e paternità, potremmo suggerire di analizzare anche quanto l’aumento della violenza contro le donne rappresenti un forte disincentivo al “mettere su famiglia”. Noi cerchiamo di farlo.

Le immagini dei bimbi che sono testimoni degli ammazzamenti e delle violenze sulle loro mamme straziano e non basta una buona legge che sostiene gli orfani di femminicidio, a far dimenticare l’orrore. Le nostre ragazze in questa società fanno fatica a fare tutto: studi, lavoro, superamento degli stereotipi perché sono grasse o magre, belle o brutte, troppo libere o troppo represse, diritti e prospettive. E la violenza sta di sottofondo: e non sono solo “gli altri” a cui succede, ma come sanno molto bene, succede a tutte, anche a quelle che sembravano protette da censo, cultura, inserimento sociale.

Le ragazze che non fanno figli non temono in modo consapevole di finire ammazzate di botte o di coltellodal loro ora amatissimo partner, ma introiettano una forte precarietà circa il loro ruolo nella società e come tutte le mammifere quando percepiscono il pericolo, la prima cosa che fanno è quella di proteggere i cuccioli, anche non dandoli alla luce.

Ci sono intere biblioteche piene di studi sulle relazioni amorose, i divorzi e le difficoltà di coppia ai tempi di internet, ma come diceva un film di Fassbinder “la paura mangia l’anima” e le nostre ragazze hanno più paura di quanta ne avevamo noi alla loro età. Tra le tante cose che abbiamo cercato di trasmettere loro c’è il principio che la maternità deve essere una scelta consapevole e forse abbiamo fatto centro: la consapevolezza della scelta di diventare madre si scontra anche con lo scarso impegno di combattere la violenza verso le donne, madri e non. Una delle tante facce di un prisma che riflette immagini di donne non abbastanza tutelate e valorizzate.

L’Istat e il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri hanno reso pubblici, il 17 maggio, una serie di dati relativi alle richieste di aiuto delle donne al numero 1522 contro la violenza e lo stalking nel corso del 2020.

In estrema sintesi.

 Nel 2020 le chiamate al 1522 sono state oltre 15mila, il 79,5% in più rispetto al 2019. In aumento anche i messaggi di richiesta di aiuto inviati alla chat dedicata: oltre 2mila e 300, il 71% in più rispetto al 2019.

La violenza segnalata al 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi) e psicologica (50,5%), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza.

Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020 rispetto al 18,9% nel 2019).

Riguardo agli autori delle violenze, le violenze segnalate al 1522 sono soprattutto opera di partner (57,1% nel 2020) ed ex partner (15,3%), ma aumentano quelle da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019).

Per l’8,6% la violenza ha avuto origine da situazioni legate alla pandemia (ad esempio la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell’autore della violenza o della donna).

 Sintesi dei dati a cura di  Livia Piersanti

Segreteria nazionale UIL Pensionati

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