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Invisibili

 “Invisibili” di Caroline Criado Perez 

Gli smartphone e le tastiere dei pianoforti sviluppati in base alla misura delle mani degli uomini, gli occhiali di sicurezza e le maschere antipolvere e antigas: tutti oggetti calibrati per un viso maschile e non adatti alle donne; le scarpe antinfortunistiche fornite alle donne sono le stesse che vengono date ai maschi, seguendo l’idea “dell’approccio unisex”. Non si tratta di un errore, ma della regola.  A testimoniarlo la clamorosa assenza di dati disponibili sui corpi, abitudini e bisogni delle donne; a rappresentare l’intero universo è il modello maschile, anzi “individui di razza bianca fra i venticinque e i trent’anni che pesano settanta chili”. Lo racconta con ritmo travolgente Caroline Criado Perez  nel libro Invisibili (Einaudi, 2020); ricco di esempi, il libro cita i video giochi, lo sport, la ricerca medica, che  esclude le donne dai test “per amor di semplificazione”.

L’autrice descrive l’invisibilità dei corpi e l’invisibilità sociale delle donne attraverso la descrizione minuziosa di situazioni e di fatti, nei quali i bisogni, i lavori, i comportamenti, i ruoli delle donne sono ignorati.  Invisibili sono gli ostacoli – a volte piccoli, altre volte giganteschi – che il genere femminile è costretto ad affrontare per compiere gesti o azioni quotidiani: una partenza sfavorevole che altera il risultato di ogni competizione.

Alla base del libro di Caroline Criado Perez c’è un’approfondita ricerca, un’impressionante raccolta di dati, che dimostrano come ogni occupazione umana risenta della cultura maschile, sulla cui figura è stata modellata l’intera società, ignorando l’altra metà. Immancabili sono le ripercussioni sulla vita delle donne fino alla “percezione del mondo come realtà abitata soprattutto da maschi”.

La narrazione non è una lamentela; è piuttosto una denuncia, un avvertimento a colmare il vuoto dei dati riguardante il genere femminile affinché la mancanza di dati di genere (gender data gap) non continui a creare pregiudizi pervasivi e diseguaglianze ancora più profonde nelle vite delle donne; soprattutto ora, nel passaggio verso l’intelligenza artificiale. Seppure – in alcuni casi – non ci siano aperti propositi di esclusione delle donne, l’assenza di dati di genere e il mancato coinvolgimento diretto delle donne nelle fasi di progettazione porta ad assenza di prospettive e a pratiche discriminatorie. Il potenziale discriminatorio nella progettazione di algoritmi che guidano i processi decisionali è piuttosto elevato. L’autrice riporta un dato inquietanti: “il settantadue per cento di tutti i curriculum vitae presentati negli Stati Uniti non viene mai letto da occhio umano, e le intelligenze artificiali partecipano ai processi di selezione del personale individuando le posture, le espressioni facciali e i toni di voce dei lavoratori più performanti”.

Ci sono molti altri esempi, prendiamo quello degli algoritmi relativi alla programmazione degli orari di lavoro di cui in Usa e Gran Bretagna si serve un numero crescente di aziende. Il software just-in-time riesce a prevedere, sulla base delle dinamiche di vendita, di quante lavoratrici o lavoratori ci sarà bisogno in un dato momento. “E’ una specie di magia” ha detto il vicepresidente dell’azienda che fornisce il software. Tale “software avrà qualcosa di magico per le aziende che incrementano i profitti scaricando il rischio di impresa sui lavoratori. (..) Ma i lavoratori e soprattutto quelli con responsabilità di cura sono molto meno entusiasti”. Quei piani di lavoro e di orari confezionati apposta per una data persona dall’algoritmo, non tengono certo conto delle responsabilità e dei vincoli del lavoro di cura delle donne, delle rigidità degli orari dei servizi all’infanzia, che non sono compatibili con l’organizzazione del lavoro just-in-time.

Le donne hanno sempre lavorato ma il problema è che gli standard normativi, le sedi, gli orari sono stati progettati intorno alla vita degli uomini. Il mondo del lavoro, le regole, i suoi strumenti, la sua cultura vanno completamente ripensati, ma avverte l’autrice “Il motore di questo cambiamento devono essere i corpi e le vite delle donne”. Non sarà facile.

 

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