Pubblicano saghe, memoir, animano blog. E hanno i capelli grigi: sono sempre di più le autrici che in pensione tirano fuori il libro dal cassetto. Magari dopo una vita come professioniste, mogli e nonne. Dimostrando così che non ci sono limiti
“Cosa stai scrivendo?” mi chiede Dario. “Sto riavvolgendo la pellicola della mia vita” rispondo senza staccare lo sguardo dal computer. Sono nata a Udine, nella villetta dove aveva vissuto mia madre, con sua madre, prima di sposarsi.
Inizia così Un romanzo in venti case e un giardino (Gaspari editore) di Caterina Zaina. Le venti case in cui ha abitato sono il concept e il fil rouge di questo delizioso memoir in libreria adesso. Zaina, moglie dello scrittore milanese Carlo Castellaneta e giornalista ai tempi di Enzo Biagi, racconta di traslochi, separazioni (del marito che si era invaghito di un’altra donna), di case dove cadevano quadri all’improvviso (in via Vivaio, a Milano. Ha scoperto che ci aveva vissuto la scrittrice Margherita Sarfatti, una delle amanti di Mussolini) e di amici come Giorgio Strehler che voleva portare a teatro Notti e nebbie dell’amico scrittore, senza che se ne facesse poi nulla.
Con ritmo leggero, ma preciso come una didascalia giornalistica, sintetizza la sua vita che da Udine l’ha portata a Milano, per poi far ritorno in Friuli dove ora cura il giardino di casa, a Porpetto, nel terzo tempo della sua vita.
Sì, perché Zaina oggi ha 80 anni. E il libro segna il suo debutto nella narrativa. Pur compagna di uno scrittore non aveva mai pensato a un romanzo “in proprio”. Poi un giorno ne ha sentito l’esigenza. E ora lo presenta, felice, tra librerie e salotti letterari. «Mi piace anche l’idea di tener viva la memoria di Castellaneta a cui spero che il comune di Milano prima o poi dedichi almeno una via» confessa.
Non è un trend, ma poco ci manca. Perché sono sempre di più le autrici e gli autori che esordiscono “tardi” nella vita, dopo percorsi esistenziali e professionali completamente diversi. Praticamente in pensione.
L’ultima è Nella Frezza con il suo Bugie di famiglia (Salani).ottant’anni anche lei,ha fatto la maestra e pedagogista, la mamma e la nonna, prima di rendersi conto di aver avuto per buona parte della sua vita una storia in testa. Le è esplosa dentro dopo un corso di spagnolo per comunicare con la futura nuora. Anno dopo anno si è sviluppata fino a diventare un romanzo. «Non sapendo come fare, mi sono messa su internet a cercare un’agenzia letteraria che mi correggesse il testo e invece ne è uscito fuori il libro. Non ambivo a tanto, ma ora sono felice di potermi misurare con questa nuova dimensione».
E se non c’è bisogno di nominare l’arcinoto caso di Andrea Camilleri che ha raggiunto il successo a settant’anni con Il commissario Montalbano, la vera domanda di fondo è: cosa muove gli autori a tirar fuori dal cassetto il manoscritto, a scrivere memoir o poesie in età pensionabile?
«Scherziamo? Gli autori di questa età sono lucidi e scrivono benissimo. Hanno un certo gusto per la parola, hanno iniziato a leggere e a scrivere con gli esercizi di bella scrittura, hanno preso in mano per tutta la vita libri e letto i classici. Se decidono di scrivere è perché hanno qualcosa da raccontare, un’esperienza, un vissuto, e vogliono svilupparla per comunicare nel presente cosa hanno imparato» commenta Bianca Borriello, docente di Scrivere per i social media allo Iulm di Milano e collaboratrice dell’università della Terza Età a Siziano, Pavia. «Le signore dei miei corsi hanno una competenza raffinata. E spesso il loro è un investimento di personal storytelling, se vogliamo chiamare così la vocazione».
Non c’è tempo per essere tristi. Emblematico il caso della spumeggiante novantadueenne Licia Fertz che, durante il lockdown, per Deagostini ha pubblicato il memoir Non c’è tempo per essere tristi.
Dopo la morte del marito era caduta in depressione. Finché il nipote, Emanuele Usai, legatissimo a lei, le ha proposto ogni giorno di ritrarla in una fotografia. Poco a poco l’ha coinvolta con un account Instagram (@liciafertz) e con il blog “Buongiorno nonna” facendola diventare un fenomeno da oltre 176mila follower. «Scrivere, mettere insieme i pensieri, confrontarmi con le persone e sentirmi ancora utile mi ha fatto ringiovanire» racconta Fertz che si definisce una “mula triestina” e che all’ultimo check up medico ha visto un netto miglioramento dei suoi esami cardiologici. Con il nipote scrive contenuti ispirazionali “per urlare al mondo che la vecchiaia non è una malattia e che la bellezza delle donne non scade come lo yogurt”. «Ho scritto la mia storia per incoraggiare le donne a vivere con coraggio questa età».
Intanto ha sfilato per i diritti Lgbt a Viterbo e ha già in mente il nuovo libro sui “viaggi del cuore”. «Vorrei tornare a visitare Trieste, Londra, la Sicilia. Non vedo l’ora di raccontarli e condividerli per far capire che a ottanta come a novant’anni siamo ancora vivi» annuncia entusiasta sentendosi parte orgogliosa di quel fenomeno attuale chiamato Greynassance (rinascita grigia) che contempla icone come Maye Musk, 69 anni, Daphne Selfe, 89 o Iris Apfel (100 anni).
Cleide Bartolotti, 82 anni, di Domodossola, invece, qualche anno fa è stata nominata dalla rivista culturale online Pangea addirittura “scrittrice dell’anno” per il suo libro L’uovo di Legno – di Cleide (Ed. Il Vicolo). Per questo che non era il suo primo romanzo, Cleide ha confessato di essersi ispirata a un brano dal libro La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne. «Ora sto lavorando alla mia nuova opera, Livi. Ho preso spunto da una serie di lettere scambiate con un’amica. Spero, però, di trovare presto un editore che mi promuova sul serio, non posso mica fare tutto io» ci dice da Modena dove vive. Cleide ha sempre letto moltissimo e ha fatto ogni genere di lavori prima di dedicarsi alla scrittura. «Scrivo di getto, abbozzo a matita le idee e poi con calma le riporto sul computer. Mi dedico molto anche alla ricerca storica».
Centenaria sprint
A volte sono gli stessi ottantenni a ispirare libri realizzati da altri “over”. Come l’olandese Hendrik Groen (68 anni), diventato un caso editoriale (ne hanno fatto anche una serie Tv) scrivendo delle avventure del pensionato di “83 anni e ¼” in un ospizio di Amsterdam nel libro Piccoli esperimenti di felicità (Longanesi).
La scrittrice americana Judy Gaman in Love, Life and Lucille (She Writes Pr) ha svelato, invece, la sua amicizia (vera) con la centenaria Lucille. Le due donne, prima della morte di Lucille a 103 anni, hanno condiviso un
tour di presentazione del memoir negli Stati Uniti tra studi televisivi, podcast e
dirette radiofoniche. Lucille, racconta su Skype la Gaman, si presentava sempre con un nastro colorato sulla parrucca che portava. «Mi ha insegnato a prendermi il tempo per essere felice. Correvo da una parte all’altra pensando di fare la cosa giusta. Lei è arrivata dal Canada nel 1929, in piena Depressione, ha fatto l’infermiera tutta la vita. Aveva un alto senso della comunità in un momento in cui noi non badiamo neppure più al senso della famiglia. La sua allegra saggezza ha cambiato la mia vita». E se fosse questa la ricetta chiave che muove chi scrive nel terzo tempo dell’esistenza?