Debito autunnale
La casa profuma già di autunno. E una volta ancora siamo impreparati,
senza pullover né sciarpe. Nuvole inattese
dal mattino oscurano le colline. Dobbiamo sbrigarci
a fare un po’ di provviste, perché tra poco arrivano
i venti sbraitanti. I vapori della cucina
occupano il primo posto nel silenzio del corridoio. A uno a uno
chiudono i locali sul mare. Sul molo bagnato
pacchetti di sigarette vuoti, recipienti di plastica, giornali
e i gatti randagi affamati che guardano
l’orologio della dogana privo di lancette. Domande dimenticate
cigolano di nuovo come banderuole arrugginite
sui tetti di case abbandonate, i cui proprietari
sono morti anni fa di tisi senza lasciare eredi.
Ma tu, a dispetto della pioggia e dei venti, insisti
sotto la tua lampada, su questa sedia dura,
per lasciare qualcosa a chi verrà dopo – almeno due versi,
scritti con la mano della pioggia, che indichino tremanti
sempre, sempre, in direzione del sole.
Ghiannis Ritsos
Ritsos è considerato uno dei più grandi poeti greci del ventesimo secolo, insieme a Konstantinos Kavafis, Kostis Palamas, Giorgos Seferis, e Odysseas Elytīs. Il poeta francese Louis Aragon, facendo la prefazione dell’edizione francese di Pietre Ripetizioni Sbarre (Gallimard, Parigi 1971)[3], ha sostenuto che Ritsos è «il più grande poeta vivente di questo tempo che è il nostro»[4]. Quando il poeta vinse il Premio Lenin per la pace, assegnatogli nel 1975-76, egli dichiarò che “questo premio è più importante per me rispetto al Premio Nobel”.
La sua poesia è stata spesso vietata in Grecia durante le fasi di regime autoritario per le idee di sinistra del poeta e la sua vicinanza politica al partito comunista greco (KKE). Le maggiori opere del poeta includono Trattori (1934), Piramidi (1935), Epitaffio (1936), e Veglia (1941–1953).