“I posteri mi conoscono e mi avrebbero conosciuta solo come PETRONILLA, quella delle ricette sulla “Domenica del Corriere”, e come il DOTTOR AMAL, ma la vera Amalia, la medichessa che in un’epoca in cui nessun bravo borghese si sarebbe fatto curare da una donna, ha dovuto fingersi uomo per essere credibile. […] non vorrei che il mio nome fosse collegato sempre e comunque al cibo e alle ricette, vorrei che uscisse un po’ anche Amalia […], vorrei poter dire senza falsa modestia che ho sempre mal sopportato di essere stata una donna davvero moderna per i miei tempi”
Amalia Moretti Foggia (Mantova, 1872 – Milano, 1947) primogenita di quattro figli di Carolina Rinoldi e Giovanni Battista Moretti Foggia (1844-1941). Il padre, farmacista ed esperto erborista, possedeva la spezieria “Santa Lucia”, a Mantova, che era stata tramandata di generazione in generazione sin dagli inizi del settecento, come risulta da un diario, “memoriale di un ottuagenario ai suoi figli”, conservato presso la Biblioteca Teresiana, in cui Giovanni Battista ricorda la vita sua e della sua famiglia.
A solo un anno, Amelia fu colpita da un’enterite violenta, tanto che i medici, prevedono una triste fine, tuttavia il padre, fidando nella propria esperienza, le diede un cucchiaio di acqua di cedro spiritosa e delle gocce di laudano. Amalia si addormentò; il giorno dopo, vedendo il padre che mangiava del vitello tonnato, ne chiese lei stessa e, dopo essersi saziata, si riprese rapidamente.
Un segno premonitore del Destino di Amalia, che da adulta coltiverà due grandi passioni: la Medicina, coniugata all’erboristeria, e la Gastronomia.
Presa la licenza liceale, malgrado il padre sperasse che seguisse le orme familiari, frequenta a Padova scienze naturali; dall’intelligenza brillante e molto impegnata negli studi, fu notata dal suo professore di mineralogia, tanto da guadagnarsi una borsa di studio. Seguendo le lezioni di anatomia, si innamorò di un assistente e maturò il desiderio di laurearsi in medicina; l’amore finì, non la sua determinazione di diventare medico. Conseguita la laurea in scienze naturali (1895), divenne membro della “società dei naturalisti e matematici” di Modena. Trasferitasi a Bologna per frequentare medicina, seguì le lezioni di clinica medica di Augusto Murri, che, apprezzando il suo impegno e le sue capacità, l’aiutò ad ottenere una borsa di studio di 1000 lire, con cui mantenersi agli studi. Si laureò nel 1898 con una tesi dal titolo “Le ovaie nelle peritoniti sperimentali”.
Amalia, con i resti della borsa di studio e una lettera di presentazione di Murri, si recò a specializzarsi in pediatria alla Clinica Mayer di Firenze, dove cominciò anche ad esercitare
A Firenze l’incontro importante con Anna Kuliscioff
Nel 1893, grazie al lascito testamentario di Moisè Loria, era nata la «Società Umanitaria», un ente morale, progettato per aiutare i più bisognosi fornendo loro la possibilità di studiare e accedere al lavoro; numerose donne impegnate nel sociale davano il loro prezioso contributo. Fra esse Alessandrina Ravizza, Paolina Schiff, Linda Malnati, Ersilia Majno Bronzini, Anna Maria Mozzoni, Anna Kuliscioff.
Nel 1899 fu fondata L’«Unione Femminile», nata col preciso scopo di promuovere l’istruzione e il miglioramento della donna, per difendere l’infanzia e la maternità, incoraggiare istituzioni di utilità sociale, e riunire in una sola sede le associazioni femminili.
Amalia nel 1899, conseguita la specializzazione, decise di trasferirsi a Milano, attirata dal moltiplicarsi di iniziative politiche, medico-sociali e culturali che vi si stavano realizzando.
Milano aveva circa 318.000 abitanti, più della metà dei quali analfabeti; le classi più deboli non avevano accesso all’istruzione né alle cure mediche; le condizioni igieniche erano disastrose e la mortalità infantile nei primi cinque anni di vita altissima.
In questo contesto si inserì Amalia, aiutata dalla Kuliscioff che le procurò una camera ammobiliata a poco prezzo e le fece conoscere l’ambiente socialista milanese, mentre la Bronzini le trovò un posto come medico fiscale per la «società operaia femminile di mutuo soccorso».
Poco dopo, nel 1902, venne assunta nell’ambulatorio della poliambulanza di porta Venezia, in cui lavorò tutta la vita, dedicandosi in particolare alla cura di donne e bambini; nello stesso anno si unì in matrimonio con il Dottor Domenico Della Rovere.
Il lavoro alla poliambulanza le fece conoscere un mondo in cui le donne e i fanciulli vivevano spesso miseramente in alloggi fatiscenti, fatti oggetto di vessazioni, abbrutiti dal lavoro, dalle preoccupazioni quotidiane, spesso dalle botte di capi famiglia dediti all’alcol; a molti seppe dare suggerimenti, in alcuni casi favorì riconciliazioni familiari, combinò matrimoni, fornì aiuti concreti, diede la sua assistenza ai parti.
Si impegnò nella Società Umanitaria, insegnando igiene in corsi estivi; tenne conferenze presso l’università popolare e in altre associazioni laiche, impegnandosi a diffondere norme igieniche elementari e a fare opera di prevenzione.
Nel 1926, Ferdinando D’Amora, Direttore del Settimanale «La Domenica Del Corriere» – Supplemento Illustrato del Corriere Della Sera Dal 1899 -, la invitò a tenere una rubrica di consigli medici. Amalia accettò, scegliendo come pseudonimo Dottor Amal. Non poteva firmarsi come donna, non si dava retta a un medico che non fosse uomo
Sullo stesso giornale avrebbe tenuto altre rubriche: «Tra I Fornelli» e «La Massaia Scrupolosa». Così, la voce rassicurante di Amalia tenne compagnia alle famiglie della piccola borghesia italiana per venti lunghi anni.
“È come se da quegli anni in cui iniziai a scrivere per la «Domenica» avessi iniziato a vivere due esistenze differenti e complementari, una di donna emancipata, moderna ed intellettuale, l’altra di “donnetta di casa”, tutta dedita a figli, marito e fornelli. La mia guida è sempre stata quella di essere semplice, spontanea e vera. È come se sapere che esistevo in quei quaderni avesse dato più senso alla mia vita e un filo resistente mi avesse legato alle esistenze di tutte quelle donne
Il Dottor Amal
La Parola Del Medico, tenuta da Amalia dal 1926 alla sua morte, ebbe un grande successo di pubblico, tanto che gli articoli furono raccolti in volumi e più volte ristampati.
Il dottor Amal stabilisce con i lettori un rapporto di amichevole complicità, fornendo informazioni chiare su una corretta igiene alimentare, un’appropriata cura e pulizia del corpo, aggiornandolo sulle nuove acquisizioni della medicina e spesso dando informazioni storiche sugli argomenti trattati.
Nei suoi articoli Amalia parla molto di erbe medicinali, per entrare in sintonia con un pubblico abituato a preparare decotti e tisane con erbe raccolte in campagna o coltivate negli orti; prende spunto dalle tradizioni popolari, sfata superstizioni e false credenze, spesso ripercorre la storia di determinate scoperte.
Riemerge un mondo di cui si è perduto il ricordo, un mondo in cui alle donne era affidata la totale cura della casa della famiglia dei malati…Non che adesso sia molto diverso…A loro si rivolge Amalia, insegnando come riconoscere, raccogliere, conservare piante con virtù terapeutiche.
Petronilla
Circa due anni dopo che Amalia aveva iniziato la sua collaborazione alla Domenica del Corriere come Dottor Amal, le fu chiesto di aprire una rubrica di cucina, “Tra i fornelli”. Amalia Indossa la nuova veste di esperta dell’arte culinaria, avvalendosi anche dell’aiuto della cuoca di famiglia. Amalia scelse lo pseudonimo di Petronilla, probabilmente in omaggio alla bisbetica moglie di Arcibaldo, le cui avventure apparivano dal 1921 Sul Corriere Dei Piccoli. La rubrica ebbe da subito una larga popolarità.
Negli anni, Petronilla passò dalla cucina autarchica a quella del tempo di guerra, della tessera annonaria, per cui prima venne vietato l’uso del caffè, poi furono razionati zucchero, olio e burro, farina, pasta e riso, carni, legumi e formaggi e infine, nel settembre del 1941, anche il pane. Le famiglie che vivevano in città e non avevano la possibilità economica di ricorrere al mercato nero, se la cavavano male.
La cucina di Petronilla divenne La Cucina del Senza, una cucina in cui si imparò a fare un sugo di carne senza carne, un panettone senza tuorli d’uovo, una minestra di verdure senza verdure ma con bucce di piselli, una cioccolata in tazza senza cioccolata…
In 200 Suggerimenti Per … Questi Tempi (1943) Amalia scrive:
“ecco qua, alcuni suggerimenti proprio per voi. Per voi, figlie, mogli, mamme che, da una sorte non certo benigna, foste destinate a vivere in questi tempi di guerra spaventosa che sconvolge l’intero mondo … di continue mancanze di quanto ci sembrava assolutamente indispensabile; di preoccupazioni le più gravi sul bilancio familiare che di giorno in giorno diventa sempre più costoso; sulla sorte di chi ci è lontano e si vorrebbe tanto vicino; di trepidazioni sul destino che ci attende e (purtroppo!) anche di dolori”