Homo oeconomicus versus umanesimo?
“Cos’è questa storia delle caramelle letali?……Il Signor Paul gentilmente spiega che un certo colonnello organizzava cori di musica barocca nelle residenze per anziani, proponendo alle famiglie delle caramelle killer, di origine cinese, messicana o olandese. Le famiglie ne andavano matte e i vecchi morivano come mosche…la polizia le ha beccate…perché l’entusiasmo delle famiglie alla fine ha dato nell’occhio…” Lo scrive Daniel Pennac nel libro che chiude la saga dei Malaussène descrivendo gli “affaroni” di una banda di criminali per la gran richiesta di “caramelle killer” da parte dei familiari di ricoverati nelle RSA per farla finita con gli enormi costi per mantenere i loro “cari” in queste strutture.
Il lavoro di Pennac è surreale, ma molto calato nell’attualità e il sarcasmo che dedica a questo aspetto dei “costi dei vecchi” è ispirato ad un pensiero che circola sotto mentite spoglie e che, come nel film in uscita di Chie Hayakawa “Plan 75”, legge i fenomeni sociali solo in base al loro risultato economico o produttivo.
Sui costi della vecchiaia, ci sono i pensatori sinceramente pensanti che evidenziano problemi e propongono soluzioni, ci sono i nostalgici del ruolo dei vecchi nella società dell’antica Grecia cogliendone solo il mito della saggezza e non quello della crudeltà e ce ne sono alcuni, appunto, innamorati della lettura “economica” della longevità che, in quanto anziani divoratori di finanze pubbliche, ci fanno sentire in colpa solo alla lettura del titolo, senza però, per il momento, arrivare ad invitare gli over 75 a “togliersi di mezzo” per non impoverire il futuro dei più giovani, come nel film giapponese.
La popolazione anziana non aiuta i Conti Economici, i Bilanci, i Conti Finanziari se le voci che compongono le loro pagine excel sono Sanità, Assistenza, Cura: sono voragini che inghiottono risorse infinite e spesso senza garantire un servizio adeguato agli involontari fruitori.
Anche i bambini sono costi per la società, così come tutti quelli che non sono produttivi: ancora o non più o mai lo potranno essere. Ma “sparare” sui bimbi, o sui disabili sarebbe troppo satanico piuttosto che “sparare” su chi una vita se l’è già goduta: non è ancora successo in modo esplicito, ma già si sente la puzza di zolfo. La puzza di zolfo è il molto teorizzare, il molto analizzare, il molto allarmare, ma il poco o nulla fare o almeno progettare. Del “cuore” che dovrebbe accompagnare il fare e il progettare per gli anziani, parleremo poi, però sappiamo che di questi tempi ce n’è carenza: è merce rara soprattutto in casa di quelli che hanno scritto “Homo oeconomicus” sul citofono.
Cifre, somme e percentuali sono utili solo se diventano elementi di analisi per una progettazione che tenga conto dell’andamento demografico, ma della grande intuizione che accompagna il tema della “Silver economy”, sono state colte solo le opportunità commerciali che vengono offerte ai consumatori over 65, le opportunità immobiliari che il patrimonio degli over 65 porta con sé, le idee su tempo libero, svaghi, sconti, ma nulla è stato fatto per rispondere al bisogno di cura e assistenza ed alla qualità delle stesse. Quando ci sbattono in faccia quanto costiamo e quanto costeremo allo Stato man mano che aumentiamo di numero e diminuiamo di autonomia, non ci sembra dignitoso ribattere con le nostre tasse pagate, con i contributi versati, con il welfare familiare che siamo, con il giro di affari che provochiamo, perché ci sembra di doverci giustificare di essere ancora al mondo. Lo stesso vale quando ci portano i positivi esempi dei modelli di cura e assistenza del Nord Europa, luoghi troppo ricchi rispetto a noi. Intanto la puzza di zolfo della lettura satanica dell’economia si installa e aumenta il rischio di discriminazione verso il più fragile che oggi siamo noi.
La cultura familistica italiana piena di romantiche immagini al sapore di ragù e con gli odori e i rumori delle feste in famiglia, sembrava meno permeabile dai fenomeni legati al cosiddetto “agismo” che inevitabilmente emergerà da questa lettura “economica” degli interventi a sostegno degli anziani, ma in quell’Italia che ancora i media ci raccontano, i vecchi di casa se ne andavano al più tardi a 70 anni. Chissà come verrebbe rappresentata oggi quell’affettuosa armonia se intorno al tavolo ci fossero un paio di 90enni, se i giovani dovessero lasciare il pranzo domenicale per correre a dare il cambio alla badante, o se il pranzo non si facesse per niente perché i soldi sono stati succhiati tutti dalla retta della RSA della nonna?
Sembriamo ciniche? Siamo lucide. Perché sappiamo che per comprimere dei diritti- e le nostre richieste di cure e assistenza sono tali- bisogna svalutare la fascia di popolazione che ne è portatrice: vecchi che si rubano il futuro dei giovani, spreco di risorse per pochi anni di vita e via così. Ma la verità è che per quanto potrà vincere l’Homo oeconomicus rispetto all’umanesimo, noi andremo curati ed accuditi, solo che se non dedichiamo a questo progetto complesso e composito molte energie, finiremo davvero per piombare come una valanga sulla società, travolgendo la vita di tutti a partire dalla nostra.