Se non si può andare al cinema, a teatro, a un museo, se non si può nemmeno fare qualche scampagnata, se non si possono incontrare figli, nipoti, amici, amiche, se non al parco e con mascherina, il tempo della vita quotidiana può diventare lungo nello spazio ristretto in cui siamo confinate. Che cosa ne facciamo di questo tempo? Chi è padrone di questo tempo? Leggiamo moltissimo, scriviamo, guardiamo internet, seguiamo convegni e incontri, telefoniamo, cuciniamo, mettiamo in ordine librerie e casa, guardiamo di più la TV? Possono essere vecchie abitudini, ma anche nuove invenzioni, sorprese…Ci piacerebbe che ce lo raccontaste perché dai vostri racconti potrebbe emergere qualche suggerimento a cui prima non si era pensato. Anche questa è solidarietà….
10 Commenti
il secondo lockdown mi ha colta senza sorprese ,me lo aspettavo ho scelto di restare nella mia città vicino a mia mamma e figli e nipoti anche se a distanza, l ho trovato più faticoso dell’altro ma non mi è dispiaciuto troppo ho approfittato, come l’altra volta ,per scrivere, leggere, trovarmi dentro e capire molte cose di me, non ho patito la solitudine, mi piace stare in casa, mi sono mancati da pazzi gli amici e gli abbracci, certo questa clausura ci sta cambiando, gli altri ci mancano ma nello stesso tempo ci danno fastidio, siamo meno pazienti ,credo sia perché abbiamo poche cose da dirci, nessuno fa niente ,il panorama si è ristretto, ma è un periodo utile, la forza la trovo nel fatto che so che finirà, intanto giro per la mia casa che è come se fisse il mondo,prima uscivo tutte le sere, vedevo ogni giorno molte persone, ero sempre di corsa eppure non mi dispiace questa sosta forzata e piena di paura e attesa come un tempo speso utile a fare chiarezza dentro di noi.
Mi rattristano i numeri dei morti ,ho amici vicini ammalati e ,per fortuna guariti, l ansia è grande, come una gigantessa spada di Damocle sulla testa ma la vedo come una sfida, come una capacità di resistere senza abbruttirsi ,non amo i lamenti, amo chi cerca soluzioni ed è quello che persegui anche ‘io.
Nel secondo lockdown mi sono forse più sgamata. Mi sono accorta che avevo bisogno di libertà di spazi e che non sopportavo più i palazzi troppo vicini alle mie finestre. Né di sentire l’altro pressantemente nemico.
Ho avuto la fortuna di poter raggiungere una casa con vista sul mare che, a questo punto orgogliosamente, sono riuscita a tenere in affitto da 20 anni. Il lungo weekend previsto si è trasformato in trasferimento e ora
vivo in un posto completamente isolato dalle persone, sola con i miei due gatti ereditati. Una vita da frate trappista.
Ritengo però di essere molto fortunata e direi che ho fatto delle scoperte. Questo mi piace pensare.
Mai avrei pensato di reggere così a lungo l’isolamento sociale: mi piace cercare sempre di costruire delle cose e di scoprine di nuove.
Ho avuto la fortuna di poter fare il mio lavoro online e il mio lavoro mi piace molto, mi appassiona e mi permette di avere un rapporto profondo e, si spera, utile con le persone.
Ho scoperto molto il valore della solitudine intesa come autonomia. Essere in compagnia di noi stessi e non come abbandono o sentirsi sfigati. Ho scoperto con stupore la funzione del silenzio che ti permette di dare più senso agli eventi più semplici e necessari della quotidianità e riscoprirne il suo valore antico che ci accompagna da secoli e che ti dice che mai potrei vivere come un tempo (grazie invece a internet, alla luce elettrica, alla radio, all’acqua calda. Grazie
Grazie al silenzio poter sentire il canto e i profumi della natura madre e scoprire di non sentirsi oppressi dalle richieste sociali e dagli stimoli di essere compiacenti. Si tratta di una scoperta per me paradossale e le giornate in solitudine con te stessa volano…. 1000 cose da fare dal lavoro al poter leggere e la scoperta dell’essenzialità e il valore del discernimento
Ho scoperto che è meglio seminare, anzi se l’hai fatto in passato molto meglio, perché ti ritrovi con un sacco di interesse, dall’arte alla musica, alla pittura, al giardinaggio.
Mi piace guardare il secondo lockdown in quest’ottica di scoperta e, a proposito dell’essenzialità, anche ai rapporti umani parentali dai più peso e senso: pur essendo una donna sola con dei figli dei nipoti, vivo per mio gusto una misura modesta di relazioni strette strette. Ci si vuole bene e si è costanti senza trascurare, mantenendo rapporti, ma non ci si deve reciprocamente opprimere. Salvo se necessario. Apprezzo di più la misura. Non mi sento in colpa perché mi sono spostata nonostante il nipotino, perché credo che gli affetti e i legami rimangano nel cuore. Telefono se penso che ci sia la necessità di un sostegno o non chiamo un altro figlio,se penso abbiano bisogno di autonomia e di libertà indipendenza per sentirsi più sicuro. Ci sono e ci siamo, ma più modulati.
Da ultimo, meno male che ci si può vedere via Internet e se poi a Natale non ci si potrà vedere…vabbè: i sacrifici in tempo di guerra erano molto più grandi.
Noi non ne abbiamo neanche idea. E comunque abbiamo una tecnologia e da questo punto è una gran fortuna.
Mi sembra di aver guadagnato più consapevolezza e che dire?
Da ultimo francamente ne ho un po’ piene le tasche in questo momento di sentirmi trattare come si fa con i bambini piccoli e accettanti: Natale sì, Natale no, ma basta! Con tutti i problemi che ha il paese e il pianeta
Besos
La cosa più interessante che mi è successa nel lock down è che non potendo andare dal parrucchiere non ho fatto la tintura ai capelli e dopo un pò, forse anche parecchio tempo, mi sono ritrovata completamente bianca. Ma la cosa buffa non è il bianco dei capelli, ma che non mi riconosco più. Mi guardo allo specchio e mi sembra di essere un’altra persona. Ma vi dirò: l’immagine non è di vecchiaia, mi sento anche più giovane. Solamente vedo una persona che non riconosco. E quindi questo è divertente! E’ perchè il lock down ha cambiato la mia fisionomia. Non so se ha cambiato la mia personalità. Questo non credo.
Ricordate la prima zona rossa? Si, Codogno, là dove tutto pare iniziò per la nostra Regione, il luogo dove comunque si rese visibile tutto quello che ancora stiamo affrontando. Io abito a Codogno e dal 22 febbraio fino ad oggi passo da un periodo all’altro di attenzioni, controlli, distanziamenti, zone rosse e zone miste. In quel preciso giorno di febbraio avrei dovuto raggiungere Emilio in Sardegna, dove lavora, e non mi accettarono giustamente alla partenza. Sono stata disciplinata, stupita, mai impaurita, con un nuovo sguardo fiducioso verso la capacità nostra e del mondo di reagire e risolvere il problema nel modo giusto. Non mi sono pesate per nulla le nuove regole, ho allargato la rete di contatti a distanza, ho atteso le notizie (difficili da avere in verità) su parenti, conoscenti e amici in Ospedale (ma quale?) che pensavo assolutamente curabili…e invece non lo fu per alcuni e li abbiamo salutati nella nostra mente. Il silenzio attorno era la cosa più sorprendente, era un silenzio totale, spazzato via solo dal suono di sirene di ambulanze al quale rispondevo con la radio perennemente accesa e il bel canto. Ho retto bene la prima fase, ho la fortuna di abitare in una casa spaziosa e luminosa, vicino a parenti e cari amici, di avere un grande giardino dove stare all’aperto e al sole. Ho avuto tutto il tempo per me, per leggere fino a sfinirmi, cucinare, sistemare finalmente le librerie e gli armadi…stare tanto al telefono con i miei cari, i vecchi amici lontani, le amiche di sempre e i bambini piccoli in videochiamata che non si sottraevano come normalmente accade. Ho imparato un nuovo modo di organizzare la giornata, la settimana, il giorno e la notte. Ma non dimenticherò mai le responsabilità del disordine politico e organizzativo del sistema sanitario regionale che ha fatto pagare scelte precedenti al caos della pandemia che ci sorpresi. All’inizio dell’autunno non ne potevo più di sentir parlare (e sparlare) di Covid 19. Lo slogan “andrà tutto bene” mi irritava. Siamo ancora qui a fronteggiare il virus. E intorno le danze dei negazionisti, degli improvvisati, dei “prima io della comunità” mi rattristano, disilludono, sorprendono e mi chiedono una lucidità di analisi non facile. Il 22 ottobre ci riprovo a viaggiare (ancora il 22 che ritorna) . Prenoto un biglietto per la Sardegna speranzosa di poter finalmente respirare il mare e il vento…e invece anche questa volta non posso partire: si ricomincia a danzare in Lombardia e in Italia. Ma ora sono una vera esperta di regole e comportamenti quotidiani a cui attenermi. Devo proseguire con l’ottimismo che mi appartiene ad imparare la pratica della pazienza (di cui non sono molto provvista) ma il mio sguardo è ancora fermo sulla necessità e diritto dello stare bene di tutti con uguali opportunità e risorse. Una consapevolezza è chiara in me: il mondo e il nostro vivere è definitivamente cambiato . Dobbiamo tutte e tutti (si, dobbiamo) imparare nuovi obiettivi e reinventarci molti aspetti del mondo intorno a noi, ripensare alla cura delle persone di tutte le età (la vecchiaia è uno dei fattori più a a rischio, non l’unico) , delle cose, della natura, con nuove attenzioni ed una nuova armonia di progetti, di impegno comunitario a livello mondiale. Insomma, in questa nuova fase che avrà tempi non brevi provo a pensare così…ci provo, sposto l’orizzonte fuori dalla finestra di casa (che mai è stata più pulita di così!).
Ah, mi ero dimentica di congratularmi con voi per il nuovo sito. Non ne conosco di pari per freschezza, vivacità, intelligenza e attualità .
Altro che vecchiaia! Quando usciremo allo scoperto faremo una bella festa. Stando vicine e senza mascherine ci aggiorneremo sui cambiamenti del nostro aspetto. Tutti interessanti. Grazie. Silvia
Non so che dire. Dall’inizio della pandemia i rapporti con gli altri si sono così intensificati – per telefono, via mail, in streaming, in diretta distanziati e con mascherina, che , se ci penso, continuo a vivere come ho sempre vissuto: nella miseria del tempo.
Vorrei tanto, come voi, darmi spazio per leggere, ascoltar musica, dormicchiare, chiedermi “che cosa posso fare?”.Ma niente.
Ho ritrovato conoscenti che non sentivo da decenni, persino la compagna di banco delle elementari. Tutte con vite interessanti da raccontare e ascoltare. La sera mi attendono conferenze e dibattiti da remoto che non posso perdere. Seguo “in diretta” la vita di figli e nipoti, dietro all’angolo o all’estero.
Le vicine di casa suonano ogni giorno per portarmi giornali e assaggini . Amiche, da lontano, mi inviano per telefono brevi video che mi diverto a diramare. Insomma, non so se per volontà mia o degli altri, ma non ho mai vissuto in una rete di comunicazioni così intensa.Probabilmente alla mia età è la vita che ci vive e a noi non resta che accoglierla, finché dura. A tutte BUONE FESTE !
Domenica 18 ottobre ci siamo trovati in cinque intorno al tavolo da pranzo in casa mia. Molto distanziati perché avevo messo la prolunga, quella che si può apparecchiare per diciotto, stretti anche per diciannove a Natale. Amici con i quali fare due chiacchiere, soprattutto ricordare un viaggio, una serata divertente perché i discorsi del presente erano tutti occupati solo dal VIRUS. La ricordo con piacere. Ma l’indomani mattina è cambiata la storia. Un po’ di febbre, malessere, un tampone e la parola temuta: sei positiva. Poi tutto è stato più che accettabile sia in senso fisico che psichico. Confrontando la mia “malattia” con quella di miei amici finiti in ospedale io, nella mia casa confortevole, ho vissuto con pochi sintomi e molta assistenza, sia medica che affettiva dei miei familiari e Amici (che come dice il detto quelli con la maiuscola si vedono in momenti particolari), un lockdown ritmato da colazione, termometro, saturimetro, riposino, il tutto ripetuto con le dovute differenze fino a sera. La reclusione è durata quasi un mese perché i tamponi sono bastardi e qualche volta ti ridicono che sei positivo anche se tu ti senti bene. Però vi dirò una cosa; ne ho un ricordo sereno, forse per quell’affetto.
Chissà per quale nefasto meccanismo mentale non mi aspettavo che quel giorno, proprio quel giorno fosse l’inizio del secondo lockdown. Ero impreparata alla clausura, disorientata. Certo, tutto quello che si poteva fare l’ho fatto: la spesa nel supermarket vicino, i giornali, le sigarette. Anche un giretto al parco e l’incontro con qualche amica, debitamente entrambe mascherinate. Ma poi mi sono detta che ci voleva un ordine, una programmazione che aiutasse ad arginare l’ansia. E ad evitare lo straripare del tempo infinito che si apriva davanti come una voragine: non potevo nemmeno pensare che tutto questo sarebbe durato sei mesi o di più. Così ho segmentato la giornata… e la casa. Vivo sola e questo in altri tempi mi ha fatto anche piacere. Ho cercato di recuperare il sapore di quella libertà muovendomi liberamente da una stanza all’altra: al mattino nello studio davanti al computer a leggere e scrivere, a mezzogiorno il trasferimento prima in cucina e poi in sala da pranzo, al pomeriggio sia alla scrivania a leggere un saggio sia sul divano a leggere i giornali o un romanzo, la sera davanti alla TV perle notizie e poi un film…senza privarmi anche del piacere di camminare un po’ sul terrazzo. Insomma così mi sembrava di passare dalla casa alla strada, dalla strada a una piazza, da una piazza al cinema.. Un po’ serve. E serve anche per il piacere di trasgredire quell’ordine monastico e non fare assolutamente nulla. Ma una cosa che mi è dolorosamente mancata sono state le relazioni, il restringimento nei miei confini corporei, il non poter abbracciare, toccare i corpi, il contatto. Perchè è la qualità del rapporto con l’altro che nutre la vitalità, anche per noi vecchie signore.
Questa seconda ondata di pandemia, pur aspettandomela, mi ha trovato senza forze propulsive come la prima.
Diversamente da marzo, improvvisamente, il virus è diventato più vicino, più collettivo e molte persone, famigliari, amici, conoscenti hanno contratto l’infezione. Si sono accumulate quindi maggiori paure, preoccupazioni, attese. Uno stato non più di sospensione, ma di concreta apprensione. A questo ho risposto con un impegno maggiore di lavoro, ahimè tutto via computer, sulle questioni di cui mi occupo attualmente, politica sanitaria e problemi inerenti alle donne anziane. Nessun coinolgimento in lavori casalinghi, poco tempo dedicato a me, al mio svago. Poco tempo e voglia di relazionarmi, fastidio per il telefono, il pc, persino la televisione. Le giornate volano e come in un film che si ripete tutti i giorni vado a letto presto, mi alzo presto con la sensazione di ripetere una strana routine. E’ come se le vicende del mondo e le preoccupazioni che normalmente occupano la vita fossero evidenziate, delineate maggiormente. Ma occupandomi delle difficoltà degli altri sento di esserci e di proseguire ad avere un ruolo combattendo contro una sindrome di tana che invade.
Nel primo lockdown ho esaurito tutte gli entusiasmi per riordino casa, ripasso inglese e francese, lezioni di piano, calda sensazione di appartenenza ad un universo di umani che stavano lottando insieme. In questo secondo lockdown sono arrabbiata con chi non ha avuto polso fermo, con chi ha sottovalutato e negato. Molti cari ammalti, molta paura e nessuna voglia di condividere con un esterno che mi innervosisce. Protesto non assolvendo obblighi domestici, protesto mangiando cose ingrassanti, mi do la carica vedendo – da lontano – amici , facendo call o telefonando a chi amo o a chi so che ha bisogno di sostegno. Guardo molti film. Ho indossato la corazza protettiva del super lavoro quindi studio, scrivo, leggo e organizzo iniziative contro la regione lombardia e in favore delle donne over 65. Pratico ogni giorno la meditazione per aumentare la mia energia vitale e cercare di sciogliere nodi vecchi e nuovi e mi commuovo molto perchè entro in contatto con la tenerezza e la tristezza che sto tenendo nascoste
valeria